No music on weekends @ Serre Torrigiani | 16.07.2020

Tutto stava nel ributtarmi nel mondo on-line con un tempismo che scansatevi (sempre, dalla luce). Grazie all’essere riuscita, dopo numero mesi quattro, a riaprire instagram senza terrore, ieri mattina ho scoperto che ci sarebbe stato il Grande Ritorno delle Presentazioni Live di effequ. A riaprire la stagione, il saggio pop di Gabriele Merlini, No music on weekends | Storia di parte della new wave, uscito a febbraio. Non mi sono promessa niente, non ho fatto squilli di trombe o grandi annunciazioni perché poi sai mai, però, alla fine, ce l’ho fatta. Mi sono traslata a Firenze, da cui mancavo sempre da numero mesi quattro (e un po’), e in qualche modo sono giunta in un luogo incantato, che penso non esistesse fino a tipo poche ore prima, sono fermamente convinta che sia stato creato dalla Fata Smemorina e che già adesso non vi sia più. Nel caso non fosse stato un sogno, il posto era questo.

E dopo aver attraversato un corridoio con le lucine dai cui lati spuntavano genti seminascoste da siepi di piante aromatiche, mi sono ritrovata in mezzo alle fresche frasche e alla verzura, circondata da pomodori e zucchine e dal banchino dei libri. Sarà che:

  • Era tipo la mia terza uscita ufficiale
  • Era la prima volta che rivedevo persone intente a fare una delle cose che più amo al mondo (parlare di libri)
  • Erano tutti BELLISSIMI e leggiadri e sorridenti e in carne ed ossa
  • Di quel libro ne avevo sentito parlare dall’autore una volta a cena lo scorso anno, e vederlo stampato mi ha fatta sentire una vecchia zia coi baffi orgogliosa della creatura
  • Vedere le persone a cui vuoi bene dopo quella che è sembrata una vita intera è una delle botte di felicità più belle che si possano avere

ma ecco, sono state due ore incredibili. Non sono riuscita ad ascoltare con attenzione (too much situation, quando sono arrivata mi è stato offerto di mettermi a sedere come agli anziani sui mezzi pubblici ed è stato magico), eppure mi è sembrato di cogliere in pieno le vibrazioni di benessere che arrivavano dal palco, era proprio una presentazione capite, la presentazione di un libro! Un libro che già da copertina e indice potrebbe finire, e invece per fortuna continua.

Momento prefe

Ieri tornata a casa, ancora inebriata dagli abbracci e dall’essere riuscita a sortire dall’Eremo senza conseguenze, mi sono sparata le prime trenta pagine, e con una banalità imbarazzante mi sento di dire che vi consiglio caldamente di farlo vostro. La mia non-competenza in materia mi fa fermare qui, perché davvero ho già scoperto una valanga di gruppi/parole/luoghi/cose/opere e omissioni che ignoravo del tutto e che mi hanno messo subito in sommossa la testa e, dannazione, che figata. Ed è una scrittura talmente serrata ed evocativa e densa che ha già quasi del mistico, e io sono super esaltata.

Perché, cercando riparo sotto un portico, è bene ribadirlo: una fetta essenziale di storia della musica è topografia di luoghi e analisi di spazi, sequenze di puntini che tra le pieghe delle mappe si uniscono e divergono restituendo informazioni imprescindibili riguardo movimenti giovanili, derive del gusto e rigagnoli di rumore

A fine libro, poi, ci sono sei pagine di discografia scritta fitta fitta, e mi sento già una persona migliore (in realtà mi ci sento per la dedica con disegnino, Zerocalcare attento che il Merlini spakka tutto).

B.

La presentazione di fine anno

Ieri c’è stata la presentazione del romanzo dell’EstateL’iguana era a pezzi di Giulio Pedani alla Piccola Farmacia Letteraria di Firenze, e per me è stata come la cena di fine anno scolastico. Quel momento in cui ci si vede, ci si saluta, si mette un punto alle cose, si chiudono i cerchi, ci si dice ci si vede a settembre e si può iniziare l’Estate. Sì, quel momento che quando il mondo era bello era in early June, mentre invece qui siamo in late July e siamo pieni pieni pieni ok? Sono arrivata a Firenze un po’ tesa, ma poi ho visto le genti belle, mi sono rasserenata, mi sono sentita a casa in quella minuscola libreria, mi sono accomodata sullo sgabellino Ikea accavallando le gambe come se dovessi giocare a signore e ho fatto la cosa che più mi piace fare, sentir ragionare di libri annuendo e sorridendo spasmodicamente.

Borsine Piccola

Segue cronachina veramente agile a vostro uso e consumo, cuori.

  • Luca Starita, che presentava l’incontro, ha esordito chiamando in causa, nell’ordine: Marco Balzano con Resto qui,  Paolo Cognetti con Otto montagne e Andrea Pomella con Anni luce, rispettivamente per la politica, il paesaggio e la musica che scandiscono la storia.
  • Io mi meraviglio sempre di come un romanzo possa far innescare i collegamenti più diversi e disparati: è una cosa che mi rende felice.
  • 25 luglio 2019 rimarrà nella storia come “giornata infame” in cui comunque un manipolo di irriducibili si è recato alla presentazione di un libro.
  • Effettivamente Giulio Pedani nel 2016 ha percorso la Via Francigena, e da lì è nato lo scheletro del libro. Poi ha fatto quello che sogno di fare anch’io da una vita fallendo miseramente, ovvero deviare dall’esperienza personale che rende la scrittura solo un diario poco interessante e costruire invece delle storie. Yasss.
  • È stato confermato ciò che avevo sperato, ovvero che Saltatempo di Benni fosse uno dei romanzi che aveva influenzato L’iguana. Non ci voleva molto a capirlo eh, ma insomma volevo sentirlo dire ad alta voce e così è stato ed è stato bellissimo perché poi insieme a StefanoAmoreMio sono seguiti Luciano Bianciardi, e Gianni Celati, ed Enrico Brizzi, e che gli vuoi dire?
  • Ma ci sono state pure influenze indirette e scoperte a posteriori, come quella di Joe Lansdale, da cui risultano “affinità clamorose, ma non fatte apposta eh!”.
  • Durante tutta la presentazione continuavano a venir fuori robe che mi facevano sospirare e insieme volare, tipo lo stretto legame tra lo scrivere e il camminare, perché sei continuamente distratto dalle cose incredibili che ti stanno intorno, e poi vuoi che rimangano, e allora avrei voluto alzarmi e gridare Giulio, te lo spiego io cosa può fare una donna innamorata della vita come me (questa la capite leggendo il libro eh), e invece alla fine ho solo timidamente chiesto come mio solito cose a caso, tuttavia complimentandomi per averci regalato la definizione di twerking più bella di sempre.
  • Abbiamo una listina di libri da leggere prima di morire made in Giulio Pedani che vi favorisco: A sangue freddo di Truman Capote, Revolutionary Road di Richard Yates e Il vecchio che leggeva romanzi d’amore di Luis Sepúlveda.
  • Lasciatevi comunque del tempo prima di trapassare per leggervi anche Guerra e Pace, che dice sia un bel romanzo.
  • Abbiamo anche vinto il saggio suggerimento di guardare Mulholland Drive di Lynch come se fosse un film dei Vanzina, con l’intento di mettersi l’animo in pace, smettere di farcisi i trip e vivere sereni.
  • Ho capito che io mi faccio coraggio nella vita pensando a Britney Spears che ha superato il 2007 come quelli più grandi e fighi di me lo fanno pensando a Iggy Pop che ha superato il 1976-1978.
  • Siena è un’allucinazione immensa e io penso solosolosolo a questo.

B.

Vanni Santoni alla Cité – le combo, quelle belle

Il tour dell’ultimo romanzo di Vanni Santoni, I fratelli Michelangelo, assomiglia a quello di una rock-band che si spara decine e decine di concerti in qualsiasi spazio, evento, manifestazione, rimbalzando come una pallina da un capo all’altro del Paese. La prima è stata a Roma il 16 marzo, e ci sono già alle spalle librerie con solo posti in piedi, a Firenze I fratelli avevano esordito all’IBS, ma la presentazione alla Cité è una “sacra tradizione” che non si può disonorare.

COSÌ PARLÒ SARMI ZEGETUSA

A me sentire Santoni è una cosa che mi fa star bene, quindi vi meritate pure voi le sue perle di saggezza – ma vi assicuro che rendono meglio se leggete il romanzone (che è una bomba, una bomba!).

  • Svolta assoluta su “questa cosa del trombare”, che un tempo “era parecchio importante” – la prima parte del romanzo indaga infatti la tardiva educazione sentimentale di uno dei figli, Enrico: aveva senso “finché aveva senso politico, fino a che cioè poteva rivendicare territori di libertà che non c’erano, e quindi andavano fatti i conti con questa questione”. Boh, amici, pensiamoci davvero.
  • Anche perché adesso per Vanni Santoni la questione spirituale è quella centrale (affrontata nell’ultima parte), “quindi il passaggio dalla figa a Dio è emblematico ma pure tragico”. Grazie. Grazie.
  • Nel romanzo ci sono sì delle chiavette che esplicano i vari congegni allegorici, però dai, non è che i libri devono essere dei passepartout.  D’altra parte, le sezioni di Louis e Rudra, quelle che contengono chiavi, sono anche le uniche che gli editor avevano proposto di togliere (risate da sit-com in sottofondo).
  • Stiamo uscendo da un’epoca in cui essere realizzati corrispondeva a un determinato posizionamento della società, adesso è una questione personale ed è una conquista (qui mi sono illuminata San Paolo style).
  • La questione dell’arte contemporanea è indagata nella parte di Cristiana: l’arte da Duchamp in poi, si è liberata dal medium,diventando pura idea, ed è per questo che l’arte contemporanea spesso viene accusata di essere fuffa: il fatto che conti solo l’idea è più difficile, e Cristiana non ce la può fare malgrado il suo enorme talento.
  • L’editoria è la versione sfigata dell’arte, a *** (fiera di cui mi son persa il nome) ci sono le stesse dinamiche del Salone del Libro, ma estremizzate e con più riccanza.
  • Ho scoperto il fenomeno dello Zombie Formalism (please ask google).

la citè vanni
Foto della Cité (io in pole position as usual, sia mai)

LE VOCI INSIDE MY HEAD

  • Una delle svolte vere delle presentazioni alla Cité è vedere le persone oltre le grandi vetrate che, passando, guardano dentro stupite, incuriosite, perplesse, compiaciute. E quando a qualcuno si schiude un sorriso è bellissimo.
  • Federico Di Vita, che presenta il romanzo, dice che la nostra generazione ha problemi con quella precedente, perché ha avuto molto, noi non riusciamo ad avere altrettanto (sì, son d’accordo). C’è quindi un rimosso con cui adesso si sta tornando a fare i conti, e ritroviamo abbestia il tema del padre in molti romanzi recenti (ne scriverà presto un articolo). E io mi chiedo, allora, ma poi chissà se è proprio recente ‘sta cosa o se è sempre stata così, non c’era un riquadro sul Luperini che indagava la tematica paterna quando si è fatta la Coscienza di Zeno? Non è invero la queen di tutte le tematiche, un esondante GTR (Grande Tema Ricorrente), e quindi insomma va bene flasharsi ma anche no? Poi io sono basica e quindi la risposta sarà sicuramente no, ma vabbè. 
  • Federico Di Vita dice che I fratelli Michelangelo è un flusso, perché procede con grande rapidità – e io un po’ penso a Tegamini che dice che se vuoi leggere una roba scorrevole ti leggi il rubinetto dell’acqua (cuoroni), e un po’ penso al flow dei rapper che non va interrotto (Ninna nanna, ninna ninna oh / Uooh ooh / Questo flow a chi lo do?), e appunto, io sono basica, e rido da sola.
  • A un certo punto parlano di roba induista che no entiendo, e i criceti fan fatica.
  • Sponsorizzo tantissimo un Vanni-Pocket che ti legge i suoi libri sempre a disposizione, perché è tipo imprescindibile.
  • Da Sabatino si mangia bene – e si ride molto.

B.

 

Ovunque sulla terra un’altra cena: cronache di una presentazione incrociata

Seguendo le regole del buon senso che ha ricordato quel giovanotto di Francesco Quatraro, editore della pluriamata effequ – per cui se sei under 40 sei un giovane scrittore, e se pubblichi per la prima volta sei un esordiente, nel felice contesto di Green,go! una bottega sostenibile in cui si servono pure dell’ottimo alcol e dei deliziosi aperitivi, in una serata di fine inverno gli autori fiorentini Simone Lisi e Marco Marrucci hanno presentato uno le fatiche letterarie dell’altro, e ne è venuta fuori una delle mie combo prefe, risate da lacrime e discorsi (involontariamente?) altissimi sulle cose del libro e quindi della letteratura e quindi della vita.

C’è da dire, lo ammetto senza pudore, che io a Un’altra cena O di come finiscono le cose (effequ, 2018) e a Ovunque sulla terra gli uomini (Racconti, 2018) voglio particolarmente bene, ed è stato molto bello sentirne parlare ancora, e in questa modalità ganzissima.

Ma ecco i tratti salienti della sit down comedy chiacchierata tra i due scrittori. 

  • I giovini scrittori si sono sinceramente piaciuti molto (e se ne sono pure stupiti).
  • Il Lisi alza le mani e dichiara di non saper mai rispondere alle domande.
  • Uno ha fatto editing innamorandosi (perché quando scrive poi non si capisce niente e allora torna indietro), l’altro ha scritto prima l’indice e poi l’opera.
  • In uno lo spazio sono le poche stanze di un appartamento, e si sta isolati come in un dramma di struttura aristotelica. Con l’altro si viaggia in posti lontanissimi e sconosciuti, come sfogliando un atlante.
  • In uno siamo estremamente dentro questo tempo – senza che ciò provochi il solito fastidio per un qui e ora posticcio, nell’altro c’è una a-temporalità immaginifica – senza che sia sganciata totalmente dalla realtà.

Ovunque sulla terra un'altra cena.jpg

  • La mia frase su Un’altra cena “Un libro che può leggere un adolescente ma anche la mi’nonna” è ormai diventata patrimonio comune, perché Marco Marrucci la cita non sapendo che l’ho pronunciata io che son lì nel mezzo. Divento rossa, moltissimo.
  • Le questioni, quelle urgenti, quelle che dividono, quelle che ti rimangono dentro giorni dopo aver finito la lettura: dove si fa colazione e perché? 
  • La filosofia che non impegna ma emoziona.
  • Ci sono molti modi per arrivare alla pubblicazione, checché se ne dica.
  • Se siete editori probabilmente mangiate alette di pollo davanti al pc, sudando per l’ennesimo manoscritto che vi intasa la casella di posta elettronica.
  • Andare al ristorante dopo le presentazioni piace molto a Marco Marrucci – così come il brivido di parlare del proprio libro a qualcuno che non ne sa assolutamente nulla.
  • T.S. Eliot ha subito dei maltrattamenti durante questa presentazione.

Io direi che non potete più stare senza aver letto questi funambolici talenti, no?

B.

 

Se in biblioteca appare il futuro. Cosa è stato “L’anno che verrà”

L’anno che verrà è stato un mondo parallelo e meraviglioso; e io voglio solo darvene delle suggestioni, nelle mie poche parole ormai d’ordinanza, perché ho provato a scrivere un racconto filologico delle giornate del festival, ma mi sembra posticcio e non più mio, e invece adesso, dico proprio in questo mio momento storico, so di certo che questo blog è una cosina che sto facendo per me e per la mia sanità mentale, e non ha senso che io provi a essere qualcosa che non sono e che non riuscirò mai a essere (ma sul mio instagram trovate, nei contenuti in evidenza, le stories che ho dedicato a tutto ciò che è successo dal 26 al 28 ottobre).

  • L’anno che verrà è una figata innanzitutto perché è ubicato alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, luogo che a me fa dire “Europa”, mi trasporta nel concetto di bello che ho sempre avuto in mente, nel concetto di spazio che ospita cultura conoscenza condivisione. E io sosterrò sempre che se il luogo ospitante ha queste premesse, e mentre cammini e ti guardi intorno respiri già un clima che predispone al benessere, tutto diventa molto più facile.
  • L’anno che verrà è una vera chicca all’interno del panorama dei festival libreschi proprio per il fatto che gli ospiti sono gli interni più interni delle case editrici, ovvero gli editor e gli editori, che presentano gli autori che pubblicheranno nel 2019 e offrono pure una panoramica del catalogo in costruzione. Tutto ciò ha del sorprendente, perché si tratta di romanzi ancora non chiusi, alcuni ancora in corso di scrittura, altri in fase di editing, con titoli provvisori, date di uscite incerte, scaramanzie varie e aloni di mistero che aleggiano sulle trame e i personaggi. Io mi sono esaltata tantissimo a entrare nel meccanismo dello spoiler fatto con stile, e dato che sono curiosa come una scimmia e ho una mente suggestionabile ho goduto davvero a pieno dell’hype che si è creato intorno ai titoli presentati.

l'annòcheverrà

  • L’anno che verrà aveva programmaticamente l’intenzione di “essere un festival di tutti e per tutti”, e il mio personale giudizio è che ci è riuscito in un modo che forse non avevo mai visto: ho avuto la sensazione di una tre giorni davvero partecipata e sentita, serena, pacata, vissuta abbestia da tutte le genti, che fossero addetti ai lavori o pubblico o corsisti.
  • L’anno che verrà è stato organizzato alla perfezione, e io che ho la simpatica mania del controllo sulle cose ho proprio goduto tantissimo perché tutto è andato liscio liscio, e una cosa difficile come “fare cultura” è sembrata facile e “normale”. Questo grazie a quel vulcano del Martino Baldi, che credo si sia già conquistato (oltre alla mia stima e al mio bene) il diritto, almeno, a un mezzo busto all’ingresso della biblioteca.
  • L’anno che verrà è stato tante parole che mi sono rimaste in testa, confronti, chiacchiere buffe, bottiglie di bianco sbocciate all’improvviso una via l’altra, vecchie e nuove conoscenze, sorellanza, case editrici a cui voglio un monte di bene, una punta d’orgoglio che tanti personaggi importanti del panorama culturale italiano fossero proprio a Pistoia, nuove storie da scoprire e da aspettare.

Il mondo dell’editoria è strano. Tanto. Complesso e ossimorico. Ne ho parlato con tre autori presenti al festival, non interviste ma chiacchierate, e ci farò un post prossimamente. Però alla fine c’è sempre qualcosa che mi spinge ad amarlo questo mondo, e a volerlo approfondire sempre di più, provare a capirlo, sviscerarlo, fare l’autopsia su un cadavere ancora caldo e che potrebbe tornare a respirare da un momento all’altro. E L’anno che verrà secondo me aggiunge qualcosa di importante. Alla sua seconda edizione penso che abbia vinto la scommessa del puntare a fare qualcosa di serio, importante, ma in maniera umana e sincera, e un pochino diversa. Io questa diversità l’ho percepita, e mi ha fatto sorridere di contentezza.

B.

Ps: se volete leggervi un resoconto molto più sul pezzo del mio, qui Irene Di Natale ve la fa proprio pigliare bene abbestia :). Irene l’ho conosciuta al festival insieme a Massimo, insieme hanno creato il Progetto Nero su Bianco, a proposito di passione e cose belle.

Buona la prima: presentazione di Ovunque sulla terra gli uomini di Marco Marrucci

Ci sono un’infinità di variabili da prendere in considerazione nella riuscita di una presentazione libresca: luogo, tempi, affluenza di pubblico, attenzione del pubblico, qualità del libro presentato, alchimia tra l’autore e chi lo presenta. Quando tutti questi elementi vanno in sintonia lo si percepisce chiaramente, come è successo ieri sera alla Cité – Libreria Caffè di Firenze, dove a un orario finalmente amichevole Edoardo Rialti ha presentato l’opera di esordio di Marco Marrucci, uscita per Racconti Edizioni.

Cos’è Ovunque sulla terra gli uomini?

È una raccolta di dieci racconti che vanno in giro per il mondo narrativo, una sorta di atlante più immaginario che fisico dove sono racchiuse le vicende di personaggi diversi, ma in cui la voce narrante sembra tornare, legata da un fil rouge stilistico ed espressivo di squarci e svolte drammatiche, identità rubate e visioni.

Dicci di più, ma non troppo

  • In tre quarti d’ora, in una Cité davvero gremita, Edoardo Rialti è riuscito a dire cose sul libro senza spoilerare nulla, a fare domande specifiche e intriganti, tenendo il ritmo altissimo.
  • Il fatto che fossero appollaiati su degli sgabelli, e dietro ci fosse una vetrata che dava sul marciapiede dove ogni tanto i passanti si fermavano incuriositi a buttare un occhio dentro per vedere cosa stesse accadendo, ha conferito al tutto una nota così urbana e metropolitana che proprio volavo.
  • Le conversazioni sul racconto per me potrebbero durare per sempre.
  • Carver c’è immancabilmente, anche quando la scrittura è tutt’altro che carveriana.
  • La presenza imponente di sciure fiorentine è stata un plus.

La citè
Foto della Cité

  • Alla domanda “che romanzi d’esordio di autori italiani emergenti consiglieresti di leggere” Marco ha risposto con due miei amoriUn’altra cena di Simone Lisi (effequ) e Dalle rovine di Luciano Funetta (Tunué). Io ho esultato tra il pubblico come una cheerleader. Scusate.
  • La storia editoriale di Marco Marrucci riassunta con “una grande botta di culo” è la vera eccezione alla regola nel mondo degli esordi. Lui non ha fatto la gavetta letteraria che passa per riviste e concorsi, prima di Ovunque sulla terra gli uomini non aveva scritto nient’altro, e infatti Racconti Edizioni lo presenta così: “Marco Marrucci ha inviato un manoscritto che adesso è il suo libro d’esordio”.

Quanto è…

  • Buffo chiacchierare con l’autore (Sergio Oricci) di un romanzo (Cereali al neon edito da efequ) appena letto e che ti è garbato tantissimo e di cui andrai alla presentazione tra due giorni.
  • Benaugurante assistere all’assalto alla pila di libri da parte del pubblico.
  • Balordo fare una figura di merda con l’autore al momento del firma-copie, rispondendo con “Ah boh!” alla domanda “cosa metto?”, che stava chiaramente per “come ti chiami”, ma io non ci sono arrivata.
  • Bello avere una sorella che ha i tuoi stessi gusti sulla Vita.
  • Buono il ramen!
  • Boia dè che figata aver già letto due racconti per la troppa curiosità e non rimanere delusa per niente, bensì coinvolta e rapita da una scrittura che ti tiene senza respiro per tutto il tempo della storia.

B.