Una sarabanda di libri a caso #4

Il caso che lega questa sarabanda di libri è quello di una storia che V. mi ha proposto di leggere a ottobre, convinta che mi sarebbe garbata abbestia. Poi il libro è rimasto lì – come mi aspettavo sarebbe successo. Nel frattempo è accaduto di tutto, anche che la storia di Bonfiglio Liborio finisse in dozzina allo Strega. Sabato scorso, poi, in un luogo incantato, ho iniziato a leggerlo e… sbadabam!, mi ha conquistata. Durante la lettura mi sono venute in mente altre storie, che hanno formato un quintetto che mi somiglia tantissimo. Eccole qui.

  • Luciano Bianciardi, La vita agra, Rizzoli Editore 1962 (mia edizione Tascabili Bompiani, 2007): la scoperta di Bianciardi, con Il lavoro culturale, prima, e con La vita agra, poi, mi ha rimessa a posto con me stessa, e allo stesso tempo scombussolato la testa e ovviamente il cuore. Nel leggere questo romanzo del boom economico, il racconto di un disagio che più disagio non c’è, la metropoli che illude, il frastuono, la vita operaia, il disincanto completo, la rassegnazione e insieme il torrente di parole con cui ci si scaglia contro ogni minuscolo sopruso della modernità, ecco, io mi son sentita vuota e pienissima insieme, e questa cos’è se non letteratura?
  • Cesare Pavese, La bella estate, Einaudi 1949 (mia edizione 1971): ho letto questo romanzo breve alla fine dell’estate del 2017. Mi ricordo ancora l’afflato che provavo ogni volta che giravo le pagine, il disorientamento, l’avidità di interiorizzare la Bellezza. Gina e Amelia, Guido e Rodrigues: una storia che sembra nascere, davvero, sotto i tuoi occhi, perché Pavese riesce a trasportarti e coinvolgerti in modo raro, naturale, perfetto. Arrivi alla fine in un attimo, e hai solo voglia di ricominciare da capo.
  • Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, minimum fax 2019: cosa si può dire di questo piccolo miracolo letterario? Sì, la tocco piano, perché finalmente ho letto qualcosa di diverso ma non rinvoltato su stesso, bensì con la forza di proiettarsi verso il lettore, senza compiacerlo ma nemmeno senza stordirlo. Un libro/linguaggio, l’epopea di un miserabile che riesce a racchiudere la Storia, ti affezioni a Liborio Bonfiglio, parli come lui, ridi insieme a lui, e poi alla fine magari piangi (io copiose lacrime). Bello bellissimo: leggetelo, please.
Potete leggerlo anche senza spararvi le pose
  • Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori 1949 (mia edizione 1998): Fontamara è il mio romanzo-archetipo della letteratura del disagio. Ci sono rimasta sotto, mi ha segnata, cambiata, fatta sentire strana (lettura di classe in IV ginnasio, sarò stata l’unica a cui sinceramente piaceva), me l’ha svoltata, insomma è uno dei miei romanzi prefe. L’ho riletto da sola, citato non so quante volte, Berardo Viola c’est moi. Il cafone primigenio, i soprusi, le ingiustizie, nulla cambia ma la speranza non muore, si lotta, si casca, si pigliano li stiaffi, ma ci si rialza sempre. Non mi toccate Fontamara per nessun motivo, cuori.
  • I dimezzati | Storie vere di uomini e donne a metà, CTRL edizioni 2020: si tratta del secondo volume della Trilogia normalissima. Il primo è Gli ultrauomini, comprato a novembre e letto, rintanata sulla soglia di casa, durante il lockdown. Dei Dimezzati ho parlato su Lungarno (qui) e poi me lo sono regalata, amandolo tantissimo. Le fotografie che ritraggono i pazienti dell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena ti perforano l’anima. Le parole di chi narra sembrano scritte dopo, e invece c’erano già prima. Racconti prefe, La montagna disincantata, Le estranee, Chiamate anonime e Profumo in un’altra lingua.

Buone letture, buone ferie d’agosto,

B.

Una sarabanda di libri a caso #1

Quando riprendo le fila della mia esistenza la prima cosa che certifica l’avvenuta rimessa nel mondo è la cura per libri: ricomincio a dedicare loro grandissima parte del tempo, a condividere quelli che leggo in real time (purtroppo non ancora su Real Time), ad aggiornare l’elenco di quelli letti e a spupazzarmeli tutti. Sistemando i volumi nelle nuove librerie mi sono resa conto di quante storie belle ho letto e con cui non vi ho tediato: non me ne capacito, sono qui con la mia espressione incredula e sdegnata da circa un paio d’ore (questa).

E visto che, è incredibile LO SO, siamo in piena estate, mi sembra allora il momento perfetto per prendermi questo piccolo impegno settimanale, che magari a qualcuno queste listine di libri sparsi possono tornare utili.

  • Sara Taylor, Il contrario della nostalgia, minimum fax, 2018: mamma mia quanto, quanto è bello questo libro. Madre e figlia, viaggio, Stati Uniti, disagio, romanzo di formazione all’incontrario, parole che si appiccicano e descrivono alla perfezione momenti, sensazioni, vuoti. Ci si sposta e ci si ferma e si inseguono donne diverse, si chiamano tutte Laura e sono state fondamentali nella vita della madre di Alex, voce narrante e portante. Una di quelle storie che ti costringi a leggere piano, perché ad ogni pagina che ti lasci indietro inizi a sentire proprio la nostalgia.
  • Jane Sautière, Guardaroba, laNuovafrontiera, 2018: questo me lo tenevo da leggere da un bel un po’ di mesi, ed è stata una delle prime letture che sono finalmente riuscita a fare nei giorni della quarantena. E continuo a pensarci, e penso anche di averlo tirato fuori proprio al momento giusto. È un memoir intimo e delicato, in cui l’autrice ripercorre la propria vita attraverso gli abiti che ha indossato. Un’idea semplice no? Eppure, non credo fosse così facile da realizzare. Andate oltre le prime pagine, e non riuscirete più a staccarvene e a sottolinearne le parole.
  • Stefan Zweig, Mendel dei libri, Adelphi, 2008: questo è un gioiellino, una piccola cosina letteraria preziosa, non solo per chi è infognato nella letteratura, ma proprio per chiunque voglia capire cosa significhi scrivere santinumi ammodo. Sarebbe proprio da portarselo sempre dietro e rileggerlo a giorni alterni. Perfetto da regalare a chi si vuole bene per davvero (e poi Zweig di cosa stiamo parlando insomma). Io lo avevo scoperto, ai tempi, grazie a internostorie.
Intermezzo con Mimì Magia dell’integrazione massima a Happy Home
  • Julio Ramón Ribeyro, Solo per fumatori, laNuovafrontiera, 2013: otto racconti che all’improvviso ti rendi conto di aver divorato, così densamente sudamericani. Conosciuto grazie a Fofi, era la prima volta che leggevo un peruviano: è incredibile come si senta la differenza tra ciascun paese d’origine, e allo stesso tempo pure quella cosa che se uno leggesse senza sapere né titolo né autore dopo poche righe esclamerebbe hey, ma questo è un sudamericano! Ho apprezzato l’abilità di Ribeyro nel destreggiarsi nell’arte del racconto, e come sia riuscito a far sfiorare, in certe storie, il realismo col fantastico. Il racconto che dà il titolo alla raccolta è chiaramente il mio prefe.
  • Allan Gurganus, Non abbiate paura, Playground, 2014: questa fu una scoperta pazzesca, una delle tante fatte grazie alla biblioteca di Baselga che l’estate fa il mercatino di libri. Una storia agghiacciante e quindi perfetta da leggere quando ti sudano pure le palpebre, è tutto un esclamare a voce alta nommaddavero e ommioddio e però quanto è scritto bene! Non aggiungerei di più perché si rovina tutto, quindi consiglio a voi di leggerlo e a me di recuperare gli altri titoli, come mi ero prefissata nel ’16, di questo poco noto ma dice fondamentale scrittore ammerrigano.

Grazie di essere passati, a presto, saluti e baci.

B.