Di quando alla Grande Invasione c’era Alessandro Leogrande

In questi giorni a Ivrea c’è La grande invasione. Io ci sono stata nel 2016 con The Buzzing Page, facevo BlogNotes – ideato da Laura del Té Tostato, insieme a un sacco di gente carina (tra cui Francesca di Nuvole D’Inchiostro, Diana di Non riesco a saziarmi di libri, Andrea di Un antidoto contro la solitudine). Ma erano giorni strani, insomma facevo troppe cose, non ci stavo dietro. Non ci sono le cronache sul blog (su The Buzzing Page non facevo cronachine ma reportage lunghissimi – oh my), erano stati giorni pienissimi, avevo avuto tanto mal di testa, aveva piovuto in abbondanza. E non averli raccontati, così come non avevo raccontato il SalTo16, o il Festival di Gavoi, mi aveva generato un’ansia estrema. Perché contemporaneamente ne facevo altre mille. Mi riferisco a questo quando scrivo che le cose che faccio mi devono stare dietro, e non davanti. Che devo fare le cosine con calma. Mi riferisco a quell’anno, quando dopo i mesi di depressione avevo una voglia di vivere che spostatevi, non riuscivo a gestirla, la ingurgitavo bulimica, senza però fermarmi a elaborare quello che mi succedeva, a far sedimentare le cose, a godermi un giorno di vuoto, a prendermi cura delle mie emozioni. Facevo cose bellissime, ma senza rendermene conto davvero.

Comunque erano stati tanto belli, quei giorni di Ivrea, avevo partecipato a un sacco di incontri e conosciuto persone che, nonostante tutto, sono rimaste. Stavo imparando a fare quello che sto cercando di riprendere adesso, ovvero lavorare coi social. Mi piaceva tanto, mi piace ancora, voglio continuare a farlo. Avevo conosciuto le ragazze che curavano le pagine ufficiali del Festival, mi ero divertita tantissimo con loro. C’erano state cene con le genti dell’editoria, tante birre, tanti colori, tantissime idee. La grande invasione è un festival unico, si respira un’atmosfera incredibile e c’è una cura inimmaginabile nell’organizzazione. Cammini per le strade adorabili di questo posto in culo ai lupi in Piemonte e ti senti felice senza motivo, ci sono libri ovunque, balconi fioriti, piazzette luminose. C’è pace, c’è il chiostro di Santa Marta, ci sono luoghi che si aprono per l’occasione, ci sono colazioni letterarie, pranzi con l’autore, dopo cena ridanciani.

Quello che volevo dire però è un’altra cosa, ovvero che durante quei giorni del ’16 ho partecipato a un panel (allora forse non si chiamavano nemmeno così) in cui c’erano Goffredo Fofi, Paolo Cognetti, Alessio Torino e Alessandro Leogrande. Chi seguiva The Buzzing Page sa che Goffredo Fofi è il mio spirito guida, e trovarlo a ragionare con un gruppo di giovani scrittori meravigliosi fu uno dei momenti più ispiranti di sempre. Da qualche parte ce li ho gli appunti, ne sono certa.

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Ero rimasta talmente rapita che mi sono comprata subito La frontiera, e andai a farmi autografare il libro, timida. E poi l’ho letto. E lo so che nella Bolla lo sanno tutti ma ecco, vorrei dire che per capire il presente leggere Alessandro Leogrande è una cosa indispensabile che non bisogna smettere di fare. Perché dopo poco più di un anno da quel giorno lui non ci sarebbe stato più, e l’impatto della sua perdita è stato fortissimo, ma la cosa bella, invece, è che se ne continua a parlare, incessantemente (il 4 giugno ad esempio, a Cosenza, ci sarà il conferimento del Premio Sila’49 proprio in sua memoria: “La frontiera e l’umanità per Alessandro Leogrande”).

E visti i tempi, penso proprio che non debba passare manco un giorno senza che qualcuno ne parli. Quindi niente #scusatemavelovolevodire, visto che sono i giorni in cui l’avevo conosciuto. Andate alla Grande invasione, leggete Alessandro Leogrande. Io poi rimetto a posto le foto.

B.

Lista della (vostra) spesa per PLPL18

Al Pisa Book Festival avevo salutato tutti con un baldanzoso “allora ci si vede a Roma eh! Grandissssssimo!”, e già mi vedevo strabuzzare gli occhi davanti alla Nuvola, la nuova sede di Più Libri Più Liberi, prendere parte a una miriade di eventi, collezionare autografi, ingolfare instagram di stories e soprattutto acquistare le ultime novità dei miei editori del cuore.

E invece no.

Sono bloccata nella Conca, su Facebook imperversano foto degli stand stracolmi di copertine fighe, reminder di incontri meravigliosi, inviti a party letterario-danzerecci, e io esalo sospiri di sconforto, consapevole che dovrò ancora attendere prima di ricongiungermi alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, cui avevo partecipato nel 2014, ovvero, in pratica, nel pleistocene.

Tant’è, voglio dare anch’io il mio contributo: ecco qualche consiglio per gli acquisti, che segue il criterio random di libri che, a mio umile quanto inutile parare, ritengo che debbano essere letti, in combo con una Nuova Uscita Che Bramo della casa editrice che li pubblica (in seguito NUCB).

Augurando agli amici editori di vendere abbestia, ma tipo anche la loro mamma, approfitto per dichiarare che in compenso sabato me ne starò in casa a svolgere ciò che l’8 dicembre deve essere fatto, ovvero trasformare la propria abitazione in una vetrina delle Galeries Lafayette – perché santi numi, io sarò per sempre #teamstopprematurechristmasdecorating.

  • CasaSirio: Sirio Lubreto, Il primo giorno della tartarugaLetto a settembre del 2016 quando mi fu inviato dal loro ufficio stampa, un romanzo a cui da sola forse non mi sarei approcciata – molto d’azione, che invece ho trovato molto onesto, straniante e meritevole di essere letto. Mi fa un sacco piacere vedere che questa piccola casa editrice nata a fine del 2014 si sta facendo sempre più figa (come le sue copertine). NUCB: Joe Clifford, Lamentation (questo in realtà l’ho preso proprio a Pisa, ciò che bramavo era essere a Roma alla presentazione dell’autore, figo. Eh vabbè).
  • Edizioni Black Coffee: Mary Miller, Happy Hour. Primo titolo-disagio che ho letto di questa nuova (2017) casa editrice fiorentina (cuori), tutta dedicata a scoprire o riportare in stampa autori nordamericani. Io gioisco tantissimo e ho iniziato già a stalkerarli alle fiere, so che a Roma sentiranno il vuoto incolmabile della mia assenza. NUCB: Alexandra Kleeman, Intuizioni.
  • Edizioni Sur: Rodrigo Hasbún, Andarsene. Quanto, quanto ho amato questo romanzo. Bisogna davvero che lo leggiate. Mi devo mettere molto in pari con le uscite della casa editrice del mio cuor, ma è di settembre la NUCB: Juan Cárdenas, Ornamento.
  • effequ: Simone Lisi, Un’altra cena; Sergio Oricci, Cerali al neon. Non posso fare a meno di consigliarvi entrambi questi titoli degli amati tipi di effequ, perché sono parte importante del mio 2018, e perché rendono benissimo l’idea dei “libri che non c’erano” che si prefigge di fare la casa editrice (da poco) fiorentina. Quindi spero che la NUCB, Chilografia di Domitilla Pirro, segua la stessa luminosa scia.
  • IPERBOREA: Atlante leggendario delle strade d’Islanda. Una perla del catalogo Iperborea; un on the road da seguire su mappa, un libro per chi vuole perdersi dentro leggende secolari e magici paesaggi, toccando i luoghi di una terra incantata di cui vengono spiegate di volta in volta anche le origini di quelli che danno vita alle storie raccontate. Io l’ho letto a Itaca la scorsa estate e l’ho adorato. NUCB: Mikael Niemi, Cucinare un orso.
  • Keller: Andrei Kurkov, Picnic sul ghiaccio. A parte la copertina perfettamente in tema con la stagione, un romanzo strano e stralunato, ambientazione post-sovietica e un pinguino come animale da compagnia. Io ai libri Keller voglio un bene pazzesco, quindi la NUCB è Martin Fahrner, Dalla parte del bene.
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Foto di libri senza attinenza alcuna al contenuto del post ma erano belli ed erano a Brick Lane a Londra
  • La nuova frontiera: Sandra Cisneros, Caramelo. Un libro-mondo. Un caos stupefacente, una storia che non ti fa staccare gli occhi dalle pagine, e che non ti si staccherà mai dalla pelle. Ho amato molti altri libri di questa casa editrice, ma Caramelo ha un posto speciale nello scaffale immaginario dei libri bellibellibellissimi. NUCB: Jane Sautière, Guardaroba.
  • LiberAria: Tiziana D’Oppido, Il narratore di verità. Una delle mie ultime letture, una storia che è un misto tra favola e attualità, personaggi super caratterizzati, un mistero da risolvere e soprattutto, finalmente, una lingua che azzarda e crea mondi. Ve lo consiglio proprio.  NUCB: Davide Grittani, La rampicante.
  • L’orma: Annie Ernaux, TUTTO! Qui mi parte un po’ la lacrimuccia perché L’orma la conobbi proprio a Più Libri del ’14, e da allora continuo ad ammirare il lavoro pazzesco sulla qualità delle loro pubblicazioni. Soprattutto però gli sarò devota per sempre per aver riportato in Italia Annie Ernaux, e da Il Posto in poi aspetto il successivo con un’eccitazione fastidiosa; non ci posso fare niente, la amo, tantissimo, mi commuove, mi fa riflettere, mi ferisce, mi fa sorridere. Quindi chiaramente la loro NUCB è Annie Ernaux, La vergogna.
  • minimum fax: Claudia Durastanti, Cleopatra va in prigione. Una storia ruvida e contemporanea, disagio Capitale, esistenze ai margini, fastidio diffuso. In generale, quello che scrive Claudia Durastanti andrebbe letto di default. “Sfoglio” il catalogo minimum e mi viene voglia di darmi malata a vita per leggere qualsiasi cosa, ma come NUCB scelgo Giovanni Dozzini, E Baboucar guidava la fila.
  • NNE: Kent Haruf, TUTTO! Medesimo discorso fatto per L’Orma. Da quando sono nati, nel 2015, portano avanti una qualità eccezionale, mirata, chiarissima. Devozione completa per aver fatto scoprire al lettore italiano Kent Haruf. La NUCB è ovviamente Kent Haruf, Vincoli
  • tunué: Giorgio Biferali, L’amore a vent’anni. Amatissima lettura d’ottobre. Il racconto della mia generazione senza essere un libro generazionale. Letteratura e non narrativa del cazzo. Lettura che genera movimenti interiori non indifferenti. E pensare che proprio a Più Libri del ’14 tunué presentava i primi due nati della collana «Romanzi», diretta dal magister Vanni Santoni, che da allora fa da ago della bilancia nel panorama di nuove scritture e percorsi letterari di qualità. NUCB: Sergio Nelli, Ricrescite.

Buona fiera, buono shopping, buone letture.

B.

Se in biblioteca appare il futuro. Cosa è stato “L’anno che verrà”

L’anno che verrà è stato un mondo parallelo e meraviglioso; e io voglio solo darvene delle suggestioni, nelle mie poche parole ormai d’ordinanza, perché ho provato a scrivere un racconto filologico delle giornate del festival, ma mi sembra posticcio e non più mio, e invece adesso, dico proprio in questo mio momento storico, so di certo che questo blog è una cosina che sto facendo per me e per la mia sanità mentale, e non ha senso che io provi a essere qualcosa che non sono e che non riuscirò mai a essere (ma sul mio instagram trovate, nei contenuti in evidenza, le stories che ho dedicato a tutto ciò che è successo dal 26 al 28 ottobre).

  • L’anno che verrà è una figata innanzitutto perché è ubicato alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, luogo che a me fa dire “Europa”, mi trasporta nel concetto di bello che ho sempre avuto in mente, nel concetto di spazio che ospita cultura conoscenza condivisione. E io sosterrò sempre che se il luogo ospitante ha queste premesse, e mentre cammini e ti guardi intorno respiri già un clima che predispone al benessere, tutto diventa molto più facile.
  • L’anno che verrà è una vera chicca all’interno del panorama dei festival libreschi proprio per il fatto che gli ospiti sono gli interni più interni delle case editrici, ovvero gli editor e gli editori, che presentano gli autori che pubblicheranno nel 2019 e offrono pure una panoramica del catalogo in costruzione. Tutto ciò ha del sorprendente, perché si tratta di romanzi ancora non chiusi, alcuni ancora in corso di scrittura, altri in fase di editing, con titoli provvisori, date di uscite incerte, scaramanzie varie e aloni di mistero che aleggiano sulle trame e i personaggi. Io mi sono esaltata tantissimo a entrare nel meccanismo dello spoiler fatto con stile, e dato che sono curiosa come una scimmia e ho una mente suggestionabile ho goduto davvero a pieno dell’hype che si è creato intorno ai titoli presentati.

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  • L’anno che verrà aveva programmaticamente l’intenzione di “essere un festival di tutti e per tutti”, e il mio personale giudizio è che ci è riuscito in un modo che forse non avevo mai visto: ho avuto la sensazione di una tre giorni davvero partecipata e sentita, serena, pacata, vissuta abbestia da tutte le genti, che fossero addetti ai lavori o pubblico o corsisti.
  • L’anno che verrà è stato organizzato alla perfezione, e io che ho la simpatica mania del controllo sulle cose ho proprio goduto tantissimo perché tutto è andato liscio liscio, e una cosa difficile come “fare cultura” è sembrata facile e “normale”. Questo grazie a quel vulcano del Martino Baldi, che credo si sia già conquistato (oltre alla mia stima e al mio bene) il diritto, almeno, a un mezzo busto all’ingresso della biblioteca.
  • L’anno che verrà è stato tante parole che mi sono rimaste in testa, confronti, chiacchiere buffe, bottiglie di bianco sbocciate all’improvviso una via l’altra, vecchie e nuove conoscenze, sorellanza, case editrici a cui voglio un monte di bene, una punta d’orgoglio che tanti personaggi importanti del panorama culturale italiano fossero proprio a Pistoia, nuove storie da scoprire e da aspettare.

Il mondo dell’editoria è strano. Tanto. Complesso e ossimorico. Ne ho parlato con tre autori presenti al festival, non interviste ma chiacchierate, e ci farò un post prossimamente. Però alla fine c’è sempre qualcosa che mi spinge ad amarlo questo mondo, e a volerlo approfondire sempre di più, provare a capirlo, sviscerarlo, fare l’autopsia su un cadavere ancora caldo e che potrebbe tornare a respirare da un momento all’altro. E L’anno che verrà secondo me aggiunge qualcosa di importante. Alla sua seconda edizione penso che abbia vinto la scommessa del puntare a fare qualcosa di serio, importante, ma in maniera umana e sincera, e un pochino diversa. Io questa diversità l’ho percepita, e mi ha fatto sorridere di contentezza.

B.

Ps: se volete leggervi un resoconto molto più sul pezzo del mio, qui Irene Di Natale ve la fa proprio pigliare bene abbestia :). Irene l’ho conosciuta al festival insieme a Massimo, insieme hanno creato il Progetto Nero su Bianco, a proposito di passione e cose belle.

Baldoria letteraria in arrivo: Il ronzio del festival, ovvero coseconlab per L’anno che verrà

Metà ottobre è passato e questo vuol dire solo una cosa: L’anno che verrà sta arrivando (25-28 ottobre)! Si sente l’hype (quanto, quanto mi piace la parola hype), c’è fermento, c’è brusio e ci sarà Il ronzio del festival, che sì, specifichiamolo, è un richiamo a The Buzzing Page, perché oh, alla fine io proprio quello volevo essere, una vivace, animata e rumorosa Bea che saltella felice agli eventi libreschi di ogni sorta. E L’anno che verrà sembra racchiudere tutto ciò che io adoro di più, attraverso l’inedito punto di vista dello sguardo verso il futuro invece che sul presente. A me ‘sto concetto mi intriga da morire, perché in effetti ha molto senso, cioè io lo avrei chiamato pure PBW, Pistoia Book Week-end strizzando l’occhio alle fashion week delle varie capitali della moda che presentano le loro collezioni per le stagioni a venire – che poi Pistoia l’anno scorso mi era pure capitale della cultura, quindi proprio non fa una piega.

Ecco, a Pistoia gli editori spiffereranno le novità più interessanti in pubblicazione, presentando autori e libri che usciranno nei prossimi mesi. E siccome la casa del festival è una biblioteca, e uno dei principi cardine delle biblioteche è la bibliodiversità, ci saranno sia i grandi editori che gli editori indipendenti, e pure gli audiolibri! Per farvi capire la qualità, ve li elenco tutti – ma proprio tutti:

L'anno che verrà

La cosa davvero bella è che non ci sarà nessun evento che si sovrappone, solo la volontà di mettere in connessione chi fa i libri, chi li scrive e chi li legge; e oltre agli incontri con gli editori ci saranno quelli di scouting, di formazioni su lettura e scrittura, reading, spettacoli con canzoni e storie, lo speed date letterario e attività per bambini. Qui vi agevolo il programma completo.

Questo simpatico sito avrà l’onore di raccontare, aspiro in tempi di quasi diretta, tutto ciò che sarà L’anno che verrà. Vagare per festival e poi raccontarli è ciò che ho sempre fatto, e poterlo fare con un’autorizzazione ufficiale mi darà la possibilità di curiosare ancora di più dentro le quinte, fare foto alla qualsiasi senza provare vergogna, intervistare autori ed editori e lettori e aspiranti scrittori e insomma tutti, e cercare di farvi vivere le atmosfere surreali ma belle che si respirano nei giorni di festival (però voi non state a casa aspettando i miei racconti ma venite a Pistoia!). Il call of paper che avevo lanciato a settembre è sempre valido: se hai voglia di unirti a me e provare l’ebrezza di vivere una manifestazione culturale così figa da vero attore principale, scrivimi e diventa anche tu un redattore del Ronzio del festival! Davvero, la mia casella di posta aspetta in gloria le vostre mail: beatricetomasi@hotmail.it

B.

 

 

Book Pride Genova, o di quando le cose funzionano

Nella didascalia a uno dei miei selfie super spontanei avevo dichiarato che lunedì sarebbe uscito il post su Book Pride. Beh, non avevo specificato a quale lunedì mi riferissi, oggi è lunedì e quindi vi beccate il veloce resoconto su una delle mie manifestazioni libresche preferite.

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Brevi cenni storici su Book Pride

Book Pride nasce a Milano nel 2015 dalla volontà di ODEI, l’Osservatorio Degli Editori Indipendenti. Si tratta quindi di una fiera Nazionale dell’editoria indipendente, che rivendica l’orgoglio di quegli editori che hanno un progetto editoriale preciso, specifico, e lo perseguono a scapito dell’essere additati come lottatori vs mulini a vento. Dalla quarta edizione milanese Book Pride ha un direttore creativo, Giorgio Vasta, scrittore e figura di spicco (e spessore) nel mondo dell’editoria italiana. Questa di Genova è già la seconda edizione, e forse mi espandono il progetto anche in altre regioni italiane.

Perché Book Pride mi scatena il fangirlismo

  • Perché alla prima edizione io c’ero e posso dire che di strada ne hanno fatta tantissima.
  • Perché è organizzato ammodo, a ingresso libero, la comunicazione funziona, ogni dettaglio è al suo posto, grafica, eventi interessanti e ben curati, stand professionali, attenzione sacrosanta agli editori, coinvolgimento della città tutta (con Genova hanno portato la città a Palazzo Ducale e la fiera nei carruggi della città con gli eventi off).
  • Perché so che chi ci lavora ci mette l’anima il cuore e le occhiaie, e i risultati si vedono.
  • Perché è l’occasione perfetta di farsi consigliare i libri direttamente da chi li pubblica, salutare i volumi già letti sperando che vengano amati da qualcun altro come li hai amati tu (o farcisi fare foto insieme, come con Cereali al neon di Sergio Orrici dei miei adorati effequ), prendere spunto per le prossime letture, scoprire le nuove uscite, dilungarsi in abbracci e sorrisi.

In particolare, quel sabato 29 settembre: 

  • C’era anche Marina di Book-à-porter, che fa i portalibri da viaggio più belli del mondo – e io non ho potuto fare a meno di prenderne uno da regalare alla mia sister. Marina sarà anche al Pisa Book Festival (9-11 novembre 2018), vi consiglio di non farvi scappare una delle sue creazioni meravigliose.

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  • Ho mangiato solo focaccia (ne arrivavano vassoiate stracolme tra gli stand, BRAVI).
  • Ho riabbracciato finalmente la mia Terrie/Fra/Nuvole d’Inchiostro, e l’ho ascoltata presentare Brave con la lingua, raccolta di racconti a cura di Giulia Muscatelli edito da Autori Riuniti. Brava Fra, brave tutte.
  • Ho smaniato davanti agli stand dei miei editori del cuore e imprecato interiormente per l’impossibilità oggettiva di acquistare un libro da ciascuno (ma ne ho segnati tantissimi e ve li dico next time).
  • Mi sono portata a casa il sopracitato Brave con la linguaHappy hour di Mary Miller edito da Black Coffee, Stamattina stasera troppo presto di James Baldwin edito da Racconti edizioni (e anche di queste due case editrici vi vorrei parlare in un futuro prossimo) e Il narratore di verità di Tiziana D’Oppido edito da LiberAria (casa editrice di cui avevo raccontato qui).

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Lunga vita a Book Pride <3.

B.

Boia che disagio: Firenze Libro Aperto

Sono preda di una vis polemica che scansateve, e voglio rendervi parte senza indugio delle mie considerazioni per niente carine e coccolose.

Firenze Libro Aperto – Le premesse

Trattasi della nuova fiera del libro di Firenze, seconda edizione. Anzi, come si evince dalla pagina Facebook a essa dedicata, “la seconda storica edizione” (???) del “primo Festival Nazionale del Libro a Firenze, aperto a piccola, media, grande editoria e al pubblico naturalmente. La comunicazione è il tema centrale”. E pensa se non lo fosse stato, dico io. Perché invece il primo grande disagio che ho riscontrato è stato proprio la strategia comunicativa del Festival. E non prendiamoci in giro: la comunicazione, ad oggi, mi è la base di tutto. Non può succedere che il sito ufficiale sia down nei giorni precedenti e negli stessi giorni dell’evento: dove prendo le informazioni che mi occorrono per decidere se andare o no, o cosa voglio vedere? Anche la pagina FB rimanda a un link senza citare il link. Per fortuna dai commenti si è capito dove diamine reperire ‘sto programma, anche perché insomma con “300 case editrici, quasi mille incontri” uno aveva magari voglia di farsi un’idea. Sui social peggio mi sento, pagina Instagram ferma al 6 settembre e pagina Facebook aggiornata a caso, con presentazione che sembra scritta da una quindicenne insicura (quale ero io stessa): “Abbiamo commesso degli errori, e li commetteremo ancora. Siamo nati per farlo, in fondo. Ma per questo progetto stiamo mettendo in gioco tutto quello che abbiamo. Stateci vicini”. Cioè. Boh.

E che cosa ti ha spinto ad andarci, di grazia?

(Visto che l’ingresso costava pure 10 euro, aggiungo io). Il fatto che ho bisogno di vedere con i miei occhi le situa, poi perché comunque il beneficio del dubbio è un diritto sacrosanto e inalienabile, ma soprattutto perché me lo ha chiesto in maniera estemporanea e meravigliosa un’amica che non vedevo da anni, e io agli incontri romantici tra i libri non so proprio resistere. E il tutto ha poi coinciso perfettamente con l’unica presentazione che mi sarebbe piaciuto vedere.

Firenze libro aperto

Ok, quindi nel concreto com’è andata?

Dal punto di vista romantico, benissimo. Chiacchiere, prosecco, un’altra amica riabbracciata e Stefano Solventi che presenta con Elisa Giobbi il suo The Gloaming. I Radiohead e il crepuscolo del rock, pubblicato da Odoya, un “progetto ambizioso” per raccontare cosa succedeva, a più livelli, negli anni dei Radiohead, un “saggio espanso” che racconta di quel simpaticone del rock nato già morto ma che in realtà non morirà mai. Ascoltare Stefano (e conoscerlo dal vivo dopo i social e il suo romanzo, La meccanica delle ombre, che tra l’altro vi consiglio) è stato un piacere, ascoltare i Radiohead in sottofondo, grazie al dj set, ancor di più, e questo sarà il prossimo non romanzo che leggerò.

Daiiii vogliamo le botte e il sangue!

Ok, eccoci. Mi sono rimaste addosso le luci al neon fastidiosissime, la desolazione dell’allestimento del Festival, senza veri e propri stand ma con tavolacci e tovaglie di velluto, smarrimento generalizzato, presentazioni in luoghi di passaggio, un sacco di editori a pagamento, la “ristorazione mai così varia e stupefacente” (glielo spiegate voi, intanto, che per dire “mai così” un precedente solo non basta? …vabbè) di una tristezza infinita (e ovviamente cara), orari dei concerti a caso (che poi anche qui, boh, che c’entra, fatene bene una di cosa intanto), nel seminterrato poi, che ansia.

Quindi no. Proprio no. Decisamente no. Io ci ho provato, e voglio dire, io di base AMO TUTTO, quindi prima di farmi salire il crimine ce ne vuole. Però le cose raffazzonate, gonfiate, non ancorate alla realtà, soprattutto, proprio non ce la posso fare. Addio, è stato orribile (ma grazie a Veronica, Viola – & Company! – The Gloaming e agli arancini di Ivan è stato tanto bello).

B.

 

Bene, bravi, bis: Firenze RiVista

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Il primo fine settimana di autunno un’estate infinita che genera in me scompensi e dubbi esistenziali, mi ha vista fare anda e rianda nel capoluogo toscano – e nello specifico in uno di luoghi che più adoro, il complesso delle Murate – per un evento che aspettavo in gloria da agosto, la quarta edizione di Firenze RiVista.

Ma che è Firenze RiVista?

È un festival letterario – a ingresso libero – che nasce dal basso, nel 2015. Inizialmente l’accorgersi della presenza, in Toscana, di tantissime riviste culturali, poi l’idea di organizzare qualche presentazione per farle conoscere, e infine il coraggio di farsi il culo e creare un vero e proprio festival ad esse dedicato, che rendesse giustizia al fermento culturale indipendente, alle amicizie nate tra le persone e alla voglia di condivisione delle idee.  Tra le fondatrici c’è Silvia Costantino, che è un po’ un certificato di garanzia: se c’è il suo zampino state sicuri che la qualità non manca. E infatti anno dopo anno Firenze RiVista è cresciuto, ha avuto il patrocinio dal Comune e dall’Università di Firenze e il contributo dell’Estate Fiorentina, accoglie riviste da tutta Italia e da quest’anno una mini fiera del libro. Qui il link del sito ufficiale dove potete dare una sbirciata a riviste e case editrici che hanno partecipato.

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Dai, smettila di fare la seria e dicci di più.

Ok, Firenze RiVista è una figata pazzesca. Io bimbi non mi aspettavo un programma così denso, variegato e interessante, la prima cosa che mi è venuta in mente sabato è stata: ma è un festival letterario VERO! E guardate che non è semplice, soprattutto se non ci sono i big money. Però ecco la cosa che mi fa star bene è che c’è chi ha voglia di spaccarsi ammerda per tirare su una manifestazione del genere, portare ospiti e creare un filo conduttore credibile, quest’anno il tema era MUTAZIONI (sociali, linguistiche e culturali) e incontri e workshop hanno spaziato tra le tematiche più disparate, ce n’era davvero per tutti. E poi l’intento di coinvolgere i gggiovani è riuscito alla grande, le Murate pullulavano di evidenti under 30 vestiti in maniera adorabile e che hanno preso parte attivamente agli eventi. Così la Piazza delle Murate con il Caffè Letterario e gli spazi del complesso hanno tenuto insieme in totale armonia gli elementi cardine di tre giornate di successo: tavoli colorati, birrini, protagonisti della scena culturale che si ritrovano in drappelli e chiacchierano felici, alberi, biciclette, spazi urbani sociali e culturali, architettura di recupero, accanita guerra fra borse di tela (la vincitrice indiscussa è l’anziana con la borsa con il lama rosa ed altri elementi meravigliosi perfettamente abbinata alle sue sneakers), presentazioni mega interessanti che ti arricchiscono e ti mettono in moto la materia grigia, e i banchini delle riviste e degli editori dove spulciare la qualsiasi e farti intrigare da mondi sconosciuti.

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E nel concreto, cosa hai fatto?

  • Ho rivisto un’amica che non vedevo da mesi e con cui ci eravamo date un romantico appuntamento proprio a Firenze RiVista; abbiamo bevuto birra e ci siamo messe in pari con i rispettivi disagi.
  • Insieme abbiamo partecipato all’incontro “Gli esordi letterari”, in collaborazione con il Premio Calvino, “segnalatore di mutazioni direzioni in cui va la scrittura”, con Vanni Santoni e Teresa Ciabatti, entrambi in giura, moderato da Chiara D’Ippolito, ufficio stampa del Premio (e questo vorrei raccontarvelo in un altro post).
  • Ho scambiato abbracci, sorrisi e chiacchiere con tante persone che non vedevo da un bel po’, conosciute di nuove (bevendo altra birra), e pensato a quanto è bello avere trent’anni, perché siamo tutti così meravigliosamente instabili e funambolici che ci teniamo insieme a vicenda scambiandoci confessioni pericolose su progetti e sogni. E per me è uno stimolo continuo.
  • Ho ascoltato Giulia Blasi e Beatrice de Vela, moderate da Matteo Pascoletti, raccontare la campagna #quellavoltache, diventata un libro che raccoglie le testimonianze di persone vittime di abusi e i cui proventi verranno devoluti interamente alla Casa delle Donne di Roma. Tema attuale e che deve rimanere tale.
  • Ho sognato l’Olanda di The Passenger grazie a Marco Agosta e Antonio de Sortis. The Passenger è il nuovo progetto editoriale dei tipi di Iperborea, una di quelle cose per veri invasati della carta stampata che non vedo l’ora di essere meno poverah per avere tra le mani.
  • Non ho partecipato ad almeno altri quattro incontri che mi sarebbero interessati abbestia, ma ho passato un po’ di tempo fra gli stand a fare whish list mentali e applausi silenziosi.
  • Mi sono fatta fare foto davanti ai roll-up manco fossi alla #MFW (grazie, Diana!).

presentazioni

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love

Puoi finire questo post, cortesemente?

Sì, avete ragione, ma è stato tanto tanto bello, perché tornare a un Festival Letterario dopo tanto mi ha riempito il cuore e la testa, e non c’è niente da fare, a me queste cose mi fanno stare tanto bene.

B.