Bollettino sulle voci inside my head #16

Giochiamo al mio gioco preferito? Sì, il let’s pretendDivertiti anche tu a fare finta che sia Motivational Monday, che Firenze RiVista sia appena finito (again and again and again) e soprattutto che sia “ottobre col suo cappotto nero e piove”. Facciamo finta poi che l’elenco puntato non sia un subdolo espediente che mi consente di inondarvi di informazioni vitali con molta nonchalance, ma un precisa scelta di storytelling.

  • Non ho ancora fatto il punto di fine anno. Capite che per la mia sanità mentale questa cosa è GRAVISSIMA? Non ho messo via la scatola dell’anno scolastico 2018/2019, perché in realtà non è ancora finito. E quindi io vi chiedo, posso spostare il mio calendario avanti di due mesi? Posso fare che l’inizio dell’anno 2019/2020 sia novembre? Sono molto, molto turbata.
  • Lo sconvolgimento climatico mi sta devastando. Vorrei solo poter mandare un messaggino a Greta e dirle amica, aiutami tu. Consolami. Dimmi che va tutto bene. Perché io non ce la fo.
  • Il momento storico mi impone di dover ostentare adulthood come se non ci fosse un domani: adesso il mondo pensa che io sia in grado di gestire situazioni d’emergenza, alte cariche dello Stato (…), discorsi in pubblico, eventi sociali, informazioni vitali, quando vorrei soltanto scappare in un angolo e mettermi a piangere – che poi in realtà è quello che faccio davvero, MA QUESTI SONO DETTAGLI TRASCURABILI, OK?
  • Il super poter di auto mandarsi affanculo è una delle skills migliori di sempre.
  • Pensavo che sarebbe stato l’anno della B, e invece è stato quello della C: Consapevolezza, Cambiamento, Contatto, Culo. E adesso, appena finisco la stagione del dolore, torneranno le valanghe di Cazzi miei.
  • Voi lo sapete che il mio unico desiderio in questo momento è andare in letargo, nevvero? Che appena finisco gli impegni pubblici io mi chiudo in casa a leggere e scrivere e non ne esco fino al disgelo (che a ‘sto punto mi aspetto giunga a giugno)?
  • Sto abbandonando Facebook perché inside of me ho 16 anni, e i sedicenni di oggi Facebook non sanno manco cosa sia.
  • Ma sono anche un’anziana incallita e più che altro mi pesa il pollice opponibile: alle cose ci arrivo sempre un po’ dopo, ma quando ci arrivo la meraviglia che mi creano proprio scansateve (dalla luce af) (magari se lo leggessi, eh B.?)
  • La verità è che non leggo un libro intero da luglio. Mi sento vicinissima a Elena, che sta raccontando questo disagio nelle sue stories. #andràmeglio, come insegna la Regina della Papuasia, but still quando non leggo a me manca il respiro.
  • Mi sono resa conto che ho fatto ottanta traslochi in tre mesi. Forse ho solo bisogno di stare un attimo fermina. Che viaggiare mi garba abbestia, il nomadismo spinto anche, ma never forget che sono pure una bestiola stanziale che ha trovato il suo meraviglioso centro a Happy Home, ed è lì che voglio stare.
  • A proposito di Happy Home, anche se ora è un po’ nel disagio, rimane pur sempre uno dei place to be della vita e quindi mi aspetto di essere INVASA. Perché mi sono rotta di stare da sola, e finché #notmygatto non si trasforma in un principe in carne ed ossa mi dovete venire a fare compagnia – non sempre, con calma, but still. Che io da voi ci vengo sempre, mo’ alzate un po’ quel culo e giungete sull’Eremo, oh! Che vi faccio le torte! I biscotti! I risotti! Accarezziamo i gatti! Guardiamo la Conca dall’alto con arroganza! STIAMO ZITTI!!!

Ciao a presto tante care cose

B.

Bollettino sulle voci inside my head #15 – Speciale Estate

L’unica cosa seria che ti dovrebbero dire quando fai la maturità nessuno te la dice mai, quindi vorrei pensarci io. Dall’anno prossimo mi posizionerò fuori dalle scuole, e man mano che i bimbi finiscono gli orali consegnerò loro dei volantini con scritto:

STAI PER VIVERE L’ULTIMA ESTATE DECENTE DELLA TUA VITA: GODITELA SENZA SEGHE.

Questa è la Verità Suprema, e magari avrebbe aiutato saperlo (così evitavo di stare in depre pure quell’estate lì, porcodklajdajajo). Quindi sì, il mio statement è che di base l’Estate fa schifo. Purtroppo tutto ha origine con una menzogna, quella appunto che ti porta per diciannove anni a credere che l’Estate sia la stagione più bella. Anch’io da piccola l’amavo (grazie tante, me ne stavo due mesi al mare e uno in montagna, avevo anche ad avere da ridire!), ed è proprio in estate che ho imparato a fare tutto quello che mi riesce meglio (vedi alla voce ozio produttivo). Poi chiaramente la vita ti piglia a schiaffi e scopri che ti hanno ingannato:

  • Fa un caldo porco. In città si schianta. In qualsiasi luogo, si schianta.
  • Quindi si sta male. Si patisce. Viene la nausea, si sviene, ci si squaglia, si soccombe, il cervello è oppresso dal calore, i criceti non riescono a muoversi, la scimmia non ha la forza di battere i piatti, è una pressa che ora dopo ora schiaccia sempre di più il cranio, ti senti il viso formicolare, senti la morte avvicinarsi a intervalli regolari.
  • Ma devi rimanere in vita: hai da dare gli esami della sessione estiva (che dovrebbe essere illegale), o devi, curiosamente, lavorare.
  • Tendenzialmente il nostro Paese mi va ancora in ferie in agosto – perlomeno io sì, e quindi a luglio ci sono le scadenze prima delle feriesi concentrano i disagi peggiori, tutti sono ostili perché sono stanchi, vogliono solo spararsi l’aria condizionata sotto le ascelle, e sono pure incazzati perché vanno in vacanza ad agosto insieme ai 4/5 della popolazione.
  • La gente, che puzza anche a cose normali, in estate diventa fetente, e se ti toccano incombenze che prevedono di mischiarti con i tuoi simili puoi star certo di provare la sensazione di passare del tempo in una stalla adibita a mensa prestata a spogliatoio maschile.
  • La gente, che si veste di merda a cose normali, in estate diventa la versione peggiore di Snooki di Jersey Shore, e a me sanguinano gli occhi ogni volta che esco.

Dopo estati in cui io letteralmente sparivo a causa del disagio di cui sopra, l’anno scorso mi sono un po’ ridimensionata, ho capito che:

C’è solo una cosa peggiore del lunedì. Il lunedì a luglio (autocit. #1).

E quindi:

Vietato, vietatissimo, fare considerazioni esistenziali sulla vita – e dioneguardi prendere conseguenti decisioni – a luglio (autocit. #2).

Queste consapevolezze mi hanno regalato del benessere, e vorrei che lo provaste anche voi. Quello che sogno è un mondo migliore in cui, grazie a una mia proposta di legge, sia prevista la rotazione delle vacanze: a turno, ogni cinque anni, ogni abitante della terra avrebbe diritto a tre mesi di vacanza, per godere della possibilità di poter stare novanta giorni di fila a grattarsi, come ci hanno fatto credere fosse possibile da piccini. Preso atto di ciò, mi sembra chiaro che un paese civile dovrebbe rasserenarsi all’idea che in Estate si dovrebbero fare solo le seguenti cose:

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Grazie unsplash.com
  • Leggere talmente tanto da finire tutti i libri acquistati, tutte le riviste accumulate, tutti gli articoli salvati nei preferiti, tutti i Topolino della tua infanzia (TUTTI). 
  • Dormire otto ore di fila, di giorno.
  • Poter andare in giro con i gonnellini di paglia e mettersi a ballare Shakira ogni qual volta lo si desideri.
  • Guardare le Olimpiadi, i Mondiali, gli Europei, senza attendere quattro anni ogni volta.
  • Bere dei drink fatti con criterio e non doversi mai lamentare di un Mojito preparato ammerda.
  • Ascoltare tutti i tormentoni di tutte le estati in loop e in filodiffusione senza l’interferenza di chi non porta rispetto per gli scienziati che durante la stagione buia se ne stanno confinati nei loro laboratori a dosare le quantità giuste di lalala, culi, addominali, playa, festa, alcol da inserire nei pezzi che verranno passati in radio.
  • Godere dell’illuminazione notturna scaturita soltanto dalla luna piena, da file di lucine, lanterne e lucciole.
  • Il mercoledì sera NESSUNO dovrebbe azzardarsi a organizzare eventi o chiederti di uscire: il mercoledì sera in estate si sta in casa a guardare SuperQuark.
  • Poter mangiare gelato senza aver bisogno di nessun altro tipo di nutrimento.
  • Poter stare al mare fino al tramonto, sempre, senza nessuno che ti dica che bisogna andare.
  • Avere degli amici che ti portano in motorino per sentire il vento tra i capelli.
  • Poter essere promiscui fino all’inverosimile, scoprirsi sempre di più, erotizzare qualsiasi situazione, dare un senso al sudore, senza gli sguardi cattolici e patriarcali delle fasce di popolazione culturalmente arretrate.
  • Avere tutti i concerti a cui si vorrebbe andare a due passi da casa, ovviamente gratis.
  • Poter guardare il cinema all’aperto senza essere divorati dalle zanzare.
  • Saper ballare il liscio e poterlo fare alle sagre dopo aver mangiato primo secondo contorno e dolce.
  • Innamorarsi e crederci tantissimo.
  • Ballare senza provare stanchezza, tutta la notte, in discoteca, in spiaggia, ai dj-set, davanti a muri di casse, ovunque, qualsiasi cosa, ballare e basta.

#scusatemavelodovevodire, e avevo bisogno di pensieri belli per sopravvivere fino al 2 agosto.

B.

 

Bollettino sulle voci inside my head #14

Dieci anni fa ho fatto l’Erasmus. Potrei scartavetrarvi i coglioni su cosa pensi in generale della possibilità di poter trascorrere un periodo di studio all’estero, ma non lo farò perché penso sia abbastanza deducibile. Ho bisogno invece di far fuoriuscire le voci inside my head dopo che ieri ho cenato con i miei irlandesi – che non vedevo da cinque anni.

Qui è dove vi avevo raccontato delle condizioni in cui vertevo quando ero a Dublino, se volete rifarvi due risate. A peggiorare le cose c’era il mio stramaledetto e precocissimo senso del dovere, che mi aveva imposto il dazio del lavoro se volevo sbronzarmi ammerda nei week-end – sì, ho avuto un Erasmus difficile perché è molto difficile essere me, ed era ancora più difficile essere me quando non bevevo la birra – che grande idea l’Erasmus a Dublino, direte voi!

L’oscillazione perpetua e contemporanea tra forze totalmente opposte è un po’ una #storyofmyfuckinglife. Nel disagio irlandese ci sono state molte cose belle, tra cui il mio lavoro come nanny-italian teacher al piccolo Jack, che allora aveva due anni. Due anni sono pochi. Forse non mi rendevo conto di quanti pochi fossero, due anni. Ma io ne avevo venti, e forse non mi rendevo nemmeno conto di quanti pochi fossero, vent’anni. La situa: madre e padre irlandesi innamorati dell’Italia, tanto che ci si sono sposati e ci hanno pure comprato una casa per le vacanze – fatalità della vita, proprio nell’alta Toscana, e avevano pensato di affiancare al babysitteraggio del loro pargolo pure qualche nozione di italiano. Io ovviamente esaltatissima per tanto progressismo e tanta lungimiranza, ero alla mia prima esperienza lavorativa – e avevo una paura fottuta. Ma Julie mi ha sempre sorriso. Sempre. Dal colloquio alla cena di addio in un ristorante italiano dove suo marito mi fece sbronzare tantissimo – e io mi vergognavo un sacco perché pensavo forse che gli adulti non si sbronzassero ammerda, ahah!

Non mi ha mai fatta sentire una cretina, anche se non capivo bene la lingua, anche se andavo vestita come una homeless a tenergli il figliolo, anche se una volta l’ho chiamata con la voce spezzata perché avevo perso la mia paga nel suo vialetto – e lei mi pagò di nuovo, anche se una volta non sono riuscita a calmare il piccolo Jack a cui venne una crisi di pianto inconsolabile, e io allora piangevo con lui, lui voleva la mamma e io volevo casa, un concetto di casa che allora era del tutto generico e che ci ho messo dieci anni a definire.

Con Jack abbiamo fatto molti puzzles, ragionavamo di cose a caso e ci facevamo tante coccole. In quella casa di Blackrock avevo trovato la mia culla di benessere, e vi ottenni anche il più grande successo della mia vita. La passione di Jack era Finding Nemo, lo guardavamo a rotazione, ma io gli rompevo le palle interagendo con lui in italiano. Un giorno gli ho chiesto in inglese chi arriva adesso?, e lui mi ha risposto con un sonoro LO SQUALO!!! Lì mi sono sentita potentissima, abbiamo riso tanto, me lo sono spupazzata tutto, e ho raccontato questo aneddoto forse più volte di quelle che abbiamo visto Nemo insieme. E ieri, ora che ha quasi tredici anni, se lo è ricordato, e non si è nemmeno vergognato a dirlo, anche se poi ha passato gran parte della serata al telefono – ha tredici anni, lo dobbiamo solo lasciare perdere. Io mi sono dedicata alle sue sorelline – che nel frattempo si sono palesate al mondo, abbiamo avuto conversazioni stupende su tutta la loro esistenza, e alla fine hanno fatto come faceva il piccolo Jack (che ieri avevo paura mi mangiasse insieme alla sua pizza salsiccia e cipolla) gli ultimi giorni di Dublino: mi hanno abbracciata forte pregandomi di rimanere.

E quindi sì, rimango. E forse penserò anche a tornare in terra d’Irlanda per salutare la me, smostratissima, ventenne – e dirle che le volevo già bene.

B.

 

Bollettino sulle voci inside my head #13

Ho pensato eccoci, dannazione, è già finito maggio – ma una volta maggio non durava quanto gennaio, com’è possibile, ansia panico paura. Poi mi sono andata a leggere quello che avevo scritto prima di partire per il Salone e beh, avrei potuto scriverlo oggi. E non riesco ancora a definire se questo tende al bene bene o bene ma non benissimo o addirittura al male a tratti malissimo. Chissà.

Nella mia personale GORM (Grande Opera di Rinnovamento e Mutazione) sto cercando di prendere le cose con calma e lentezza, ma a volte proprio non si può, e quindi le ultime settimane sono state un po’ in modalità girandola sul terrazzo (quelle che non capisci mai chi le ha messe ma oh, ci sono ovunque) – una girandola di cose belle ma pure impegnative, di sonno intermittente, di pasti di plastica ma poi cenini rinfrancanti, di messaggi vocali infiniti, di incastri e parcheggi sbarazzini, di pioggia interminabile che ormai non mi scalfisce manco più e oggi mi sono vestita con una maglietta a maniche corte senza canottiera sotto perché magari se glielo fai capire che è praticamente giugno il Sig. Meteo si ripiglia.

Domenica ho pulito la mia casina e mi sono messa a riordinare i souvenir di questi giorni, programmi di eventi, cartoline, biglietti, libri che stanno lì ad aspettarmi pazienti. Ho il mio block notes con l’ananas e i brillantini colmo di parole e di pensieri che vorrei lasciare qui, e so che lo farò. Dopo l’aprile della visualizzazione dei traumi e della riappropriazione, maggio è il mese della rivendicazione. Di ciò che ero, di ciò che mi ero scordata di essere, di ciò che non avevo mai creduto abbastanza di poter essere, di ciò che ero sempre stata troppo pigra o distratta per essere.

La rivendicazione porta con sé i ricordi, e io apro le mie scatole divise per anno solare, o sfoglio ciò che sta dentro ai raccoglitori dell’Ikea – ritagli di articoli, appunti sparsi, foto, proto bullet journal, le mie dispense dell’università, e dico adesso tornate, tornate anche voi, mi avete aspettata qui dentro tutti questi anni bellini archiviati e protetti dalla polvere che riprendervi in mano ora è facilissimo e meraviglioso, e anche sorprendente, perché davvero mi dico brava Bea, ma bada te come eri avveduta, sembri una irrecuperabile gonfia, e invece… e invece tutto è al suo posto. 

Quindi sì, siccome sono giorni importanti, di inclusione di cose nuove, cose agognate, cose per cui ho capito che mai smetterò di combattere, allora me li volevo ricordare.

  • Mi sono goduta abbestia i giorni alla Polveriera per il IV Festival della Letteratura Sociale.
  • Ho visto Dolor Y Gloria e mi sono emozionata.
  • L’Oltrarno mi ha rapito il cuore – infiniti posticini, vicoli, piazze che si aprono all’improvviso, sensazione fortissima di scoperta come se mi fossi appena trasferita in una città all’estero e allo stesso tempo vertigine per non aver vissuto cose che comunque non avrei potuto vivere perché ero per forza di cose altrove (sempre per la serie è facilissimo essere me).
  • Sudare e cantare in palestra sembrando completamente cretina mi continua a far fare dei sorrisoni enormi.
  • Lo yogurt la mattina è una gioia che prosegue impertinente.
  • Il mio zainetto con gli elefanti me l’ha svoltata.
  • “Il neoliberismo ha i giorni contati”.
  • Quando il gatto del vicino non si manifesta provo cieca gelosia.
  • Continuo ad appuntarmi serie tv da vedere e mi autoconvinco di poterlo fare molto presto.
  • Pistoia spacca sempre i culi.
  • Ho votato nel terzo comune diverso della mia vita. A questo giro in una scuola elementare in collina, eravamo io i carabinieri e gli scrutatori, l’ho trovato molto romantico.

B.

Bollettino sulle voci inside my head #12

Mi sembrano passate intere ere geologiche dall’ultimo Bollettino, e invece sono trascorse solamente due settimane. Me ne sono successe di ogni. Così, all’improvviso, BAM!, una via l’altra. Ma io a ‘sto giro non mi faccio fregare. Eh no. Me ne sto zitta zitta e buona buona, continuo a stare nel mio, a mangiare a colazione il mio yogurt con frutta fresca, miele e cereali come se fossi in vacanza in Grecia, ad andare in palestra – con un borsone nuovo dopo, attenzione, OTTO anni da quello acquistato nel 2011 e che non ne poteva più, e a praticare lo zen o l’arte della manutenzione dei cazzi miei. Perdonate i frequenti francesismi su questo blog, sono pur sempre una donna di provincia.

Cosa mi manca in questo periodo? Stare spiaggiata sul divano a spararmi puntate e puntate di serie tv, andare al cinema (ad aprile non ci sono mai andata, uffi – menomale ho rimediato con la proiezione all’Ostello Tasso a cura dei tipi di In Fuga dalla Bocciofila, la prossima volta ci andiamo insieme?), indossare i miei capi-spalla primaverili (serve davvero dire qualcosa sul clima di questi giorni? Cioè una ce la mette tutta per combattere la depre e poi quando la mattina tira le tende di camera e vede il nebbione non dovrebbe rintuzzarsi di nuovo sotto le coperte? Ditemelo voi!), fumare ottocento sigarette di fila senza soluzione di continuità (107 giorni senza, posso forse iniziare a dirlo in giro con un po’ più di convinzione), sfogliare notizie leggere e scaccia pensieri, stare di più coi miei amici.

I giorni prima del Salone del Libro sono frenetici e deliranti. Per quelli che i libri li devono vendere. A cose normali. Figuratevi in questi giorni con tutto il disagio che è scoppiato. Cosa devo dirvi io, se non che appoggio chi ha scelto di non partecipare al Salone, ma pure, chiaramente, chi al Salone ci va – perché è una questione complessa, che qualcosa ha smosso, ma che più che altro ha dimostrato – se ce ne fosse stato ancora bisogno – che siamo veramente nella merda.

Per me in quanto B. è un Salone importante: ho riguardato le (poche) foto di quello del ’15 e di quello del ’16, e boh, mi sono un po’ venuti i brividi: altro che ere geologiche, era completamente un’altra vita.

Sono ancora qui che sto scegliendo a quali incontri partecipare, pensando a come comprimere i miei outfit nello zaino, a quando lavare i capelli per avere un timing perfetto, a come potrò mantenermi idratata senza dover correre in bagno ogni ora, ma intanto voglio dirvi cosa farò “ufficialmente”:

  • Grazie a LiberAria incontrerò la scrittrice spagnola Elvira Navarro, di cui la casa editrice pugliese ha appena pubblicato il romanzo La lavoratrice, che ho potuto leggere in anteprima e di cui, dannazione, non vedo l’ora di parlarvi.
  • Come al BookPride, stazionerò allo stand degli adorati effequ (se cliccate c’è il sito nòvo, badate che bellino!) e vi spaccerò un po’ di librini bòni. Lo farò sabato 11 maggio dalle ore 16.00.

E poi ho voglia di provare meno panico possibile ma nemmeno di dare l’impressione di essere fatta di cocaina. Ho voglia di incontrare le persone, di sbirciare scrittori e personaggi famosi, di sfogliare libri da mettere nella lista dei desideri, di continuare a mettere in moto il cervello. Con calma e per benino.

Ci si vede a Torino?

B.

Bollettino sulle voci inside my head #11

Non so a voi, lettori intorno ai trent’anni che leggete le voci che riverso in rete, ma a me capita, ultimamente, di provare la sensazione che ogni giorno che vivo sia fondante, centrale, che racchiuda in sé un potenziale rivoluzionario enorme, che da un momento all’altro potrebbe esserci un cambiamento epocale nella mia esistenza, che dalla mattina alle undici alla sera alle otto potrebbero succedere eventi che sconvolgono in maniera radicale il mio intero sistema di pensiero.

È faticoso, ma è pure bellissimo, ma è anche sfiancante, ma è altresì entusiasmante. Era moltissimo tempo che la mia testa non era così attiva (e boh forse non lo è mai stata a questi livelli, non saprei), sto macinando una serie di pensieri uno dietro l’altro, ma robe potenti, vaste, che coinvolgono ragionamenti sulla mia vita, sul mondo, su vite che non sono la mia, sull’universo. La tendenza generale è quella di una propulsione positiva e finalmente risolutiva (?) di moltissimi conflitti che mi hanno incatenata nel corso degli anni, quindi la situazione vista dall’esterno è probabilmente io che a un certo punto sgrano gli occhi, sorrido e mi spunta una nuvoletta con la lampadina Archimede Pitagorico style, perché ho capito il motivo per cui nel 2009 non sono riuscita a fare una cosa, o come mai nel 1997 ho fatto quella scelta, o perché il conflitto di classe è ancora così preponderante nella società, oppure ho capito finalmente il testo di una canzone, o la battuta di un film, o il perché una relazione non poteva continuare, o cos’è che mi ha sempre bloccata, e bla bla bla all’infinito – poi non è che posso stare a pensare h24, ci sono le cose pratiche della vita che di base non si fanno da sole ecco – e mi impongo anche di andare piano, io devo andare piano perché “le cose mi devono stare a fianco e non davanti”, e “per stare bene devo fare le cosine con calma” e ok lo so a questo ci sono arrivata.

La sensazione è quella di rinascere ogni giorno ma con già un bagaglio importante di esperienze che rendono la nascita molto più semplice e meno spaventosa e traumatica. I traumi, sto abbandonando la mia cazzo di paura del conflitto e sto affrontando i traumi – ma poi mi succede che vedo pure quelli degli altri, li visualizzo all’improvviso proprio, e mi entrano anche loro in testa e allora vai di pensieri e di voci, e sono felice, serena, in armonia con il mondo, in pace, desiderosa di fare sempre meglio, la vita è meravigliosa, cammino in collina in mezzo ai fiori, ascolto musica che mi carica, leggo libri che mi spalancano mondi, trascorro ore stupende coi miei amici, e quindi andrà tutto bene, per me, per le persone che amo, per tutti.

E poi di colpo invece, senza preavviso, per dei motivi miseri e meschini di cui mi vergogno assai, mi blocco, e mi immergo e invischio in pensieri senza capo né coda, a cui si appiccica un senso plateale di fallimento, insuccesso, inutilità del tutto, mediocrità, impossibilità palese di ottenere ciò che voglio, domanda base: “che cazzo ho fatto in tutta la mia vita?”. È una cosa indecente questo spostamento del focus, questo cambiamento improvviso di umore, questa mancanza di stabilità per più boh, di cinque giorni di fila. Che se fossero TAT® andrebbe pure bene, ma non so, mi sa che è qualcosa di più e allora un po’ paura, un po’ non capisco, e quindi mi chiedo, lettori intorno ai trent’anni che leggete le voci che riverso in rete, ma capita pure a voi? Ne parliamo? Facciamo qualcosa?

E se sto così, sarà la primavera

Ma non regge più la scusa

No, noooooooooooo

Rsvp.

B.

Bollettino sulle voci inside my head #10

Da lunedì ho mal di gola e mi fanno male le orecchie quando deglutisco, e allora è come se avessi dell’ovatta in bocca, una molletta dei panni sul naso, di quelle grosse e di legno che usava la mia nonna in montagna, me lo fanno pizzicare tanto da farmi lacrimare gli occhi. Quindi ho la vista velata e un senso generico di fastidio, ma non abbastanza per starmene a letto. Semplicemente faccio le cose incazzata perché non sento bene, non vedo bene, e mi bruciano le tonsille.

Penso che sia questo il motivo per cui questa settimana ho trovato amplificata all’ennesima potenza la riluttanza nei confronti del mondo (sì poi è anche la depre post Bolo ma tant’è): dalle reazioni post Notre-Dame (è pazzesco come si sia riusciti a scannarci pure per questo, ci sono rimasta di merda), all’ipotesi di chiusura di Rai Movie e Rai Premium “perché caratterizzati da limitata audience e scarsa profilazione del pubblico”, la guerra in Libia che boh secondo me dovrebbe essere un argomento di discussione primario invece vabbè, gli insulti a Michela Murgia e la bassezza della vicenda del ssm dell’Inps, che vi giuro mi fa venire il vomito. Mi rimbalza tutto nella testa che già formicola di per sé, sentendosi inadeguata e piena – delle telefonate di lavoro che proprio in questi giorni hanno raggiunto picchi estremi di sbatti, dei contributi non richiesti da gente totalmente inutile, di disagi non miei che però sento tantissimo miei come si fa mannaggia, e vorrei avere una torre d’avorio d’emergenza in cui rifugiarmi, che lo so che non sta bene però a fronte di tutto questo parlare io vorrei solo un po’ di silenzio, una bella vista e tanti libri.

E allora mi rendo conto che ops, la torre d’avorio ce l’ho, si chiama Eremo e dannazione come ci sto bene. Perché va bene che sono un animalino sociale, ma è giusto anche che mi stiate tutti sul cazzo ogni tanto e che io non voglia vedere nessuno (a parte ovviamente pochi eletti), e me ne sbatta pure “delle piccole cose belle di ogni giorno” che sì sì ci sono io me le segno, le fotografo e me le tengo per dopo, ma ci son giornate che voglio semplicemente poter definire “di merda” senza sentirmi in colpa – voi e la vostra resilenza di stocazzo!, e starmene tra gli ulivi a leggere libri-disagio accarezzando gatti non miei – che era un po’ un’aspirazione della vita e l’ho ottenuta, cosa voglio di più? Che tanto a scendere dall’Eremo e a ributtarmi nella mischia ci metto cinque minuti, non temete.

io vi amo
vi amo ma vi odio però
vi amo tutti
è bello è brutto io non lo so
io vi amo
vi amo ma vi odio però
vi amo tutti
è bello è brutto è solo questo

B.

Bollettino sulle voci inside my head #9

Per darvi un’idea della situa, febbraiomarzoaprilefinora sono durati come tipo dall’1 al 13 gennaio. Per dire. Uno dei misteri della vita che non smetteranno mai di sorprendermi è quanto possa essere variabile e distorta la percezione del tempo. Quindi nulla, succedono cose, forse fuori poche ma inside my head tantissime. E visto che tra i miei nuovi obiettivi della vita c’è quello di stare sempre al passo coi miei tempi interiori che sono molto più lenti di quelli esteriori, adesso ci si mette qui e si fa un simpatico elenco puntato di cose a caso.

  • Continuo a stalkerare gli alberi in fiore e a chiedermi “chissà che albero è questo!”, perché la mia classificazione dei fiori di aprile è la seguente: quelli super fucsia, quelli bianchi ma grossi su tronchi neri, quelli rosa ma puffosi. Se c’è un botanico in ascolto mi scriva grazie. In più vivo sempre con struggente nostalgia il momento in cui cominciano a spuntare le tenere foglioline accanto alle esplosioni di colore, ogni giorno controllo con apprensione lo stato evolutivo del passaggio e muoio un po’.
  • Mi struggo anche perché è già fiorito tutto il glicine e per me nella vita Il Glicine è solo uno e uno soltanto, e si trova su una terrazza di Pisa, e volevo andare a salutarlo ma non sto riuscendo perché non trovo il giorno per farlo e mi manca tantissimo, quel glicine. E Pisa. Pisa mi manca sempre.
  • Ho ricominciato a dare ripetizioni e questo mi rende felice. Ne prendo atto in maniera serena, accetto il mio disagio e non mi vergogno a dichiarare che potrei passare le giornate a fare gli schemini, tanto si sa. Mi fa molto ridere aver ripreso in mano i programmi di seconda superiore, all’epoca baldanzosamente snobbati, e che ora mi provocano occhi colmi di stupore e urgenza di far capire alla mia bimba la meraviglia della crisi dell’impero romano o del periodo ipotetico in inglese. Penso che forse c’è un tempo per tutto, e va bene così (ma il tempo per la bimba di non bocciare è ora e dannazione ci riusciremo!).
  • Avere delle missioni nella vita è bello. Ed è bello quando la tua missione della vita non è più “alzarsi dal letto”. Mi godo il momento e cerco di affrontare delle paure complesse che sono strascichi degli anni passati, che proverò a riassumere con due accattivanti frasi motivazionali: “è giusto fermarsi quando non si hanno più cazzi”; “alza il culo che ti stai soltanto facendo una damigiana di seghe mentali”. Amen.
  • Il potere catartico che hanno su di me i film è qualcosa di imprescindibile: ho tratto enorme giovamento dalla visione di: I villeggianti della Valeria Bruni Tedeschi e Ricordi? di Valerio Mieli. Mi si sono smosse cose, mi si sono aperti i chakra, mi si è ossigenato il cervello.
  • Non pensavo che avrei mai potuto esprimere il concetto che sta per seguire, e davvero non ne sono del tutto contenta, ma bisogna che lo riporti per il mio innato bisogno di lasciare traccia degli eventi: se non faccio attività fisica per più di tre giorni consecutivi mi piglia male. Adesso vado a dondolarmi in un angolo, scusate.
  • Ho fatto una kind of personal timline, perché inizio ad avere difficoltà a collocarmi nel tempo. Nel senso, quanti anni avevo nel 2003 tipo? Ecco, adesso lo posso verificare in un battibaleno. Se volete ve la fo pure a voi.
  • Per quanto ancora potrò continuare a nutrirmi di #pastoni? Cucinare cibo vero la scorsa domenica per i miei amici mi ha fatto salire dei dubbi devastanti.
  • Ho la testa piena di idee roboanti, progetti esaltanti, svolte della vita e piccole rivoluzioni da attuare nel quotidiano (leggi mangiare lo yogurt con la frutta fresca a colazione); è bello, è pauroso, è più bello che pauroso. Non mi capitava da anni di sentirmi così. Voglio, esigo di andare piano per non perdermi pezzi.
  • Gli amici mi continuano a salvare le giornate.
  • Guardo la mia casa piena di luce e di libri e penso che qualcosa sta andando bene.
  • Bere tanta acqua rimarrà sempre la più giusta soluzione a moltissimi problemi, ma un grandissimo stigma sociale.

B.

Bollettino sulle voci inside my head #8

Su Urban Outfitters, nella sezione Lifestyle, si presenta una sarabanda di oggetti appartenenti a ben tre decadi diverse, e il mio bisogno di ordine assoluto mal si concilia con tutto ciò – vedere nello stesso momento Britney Spears e Hannah Montana (di cui era fan la mia sis e non io), mangianastri e airpods, polaroid riesumate e macchinette usa e getta, kit per far crescere il proprio cactus e specchi con il bluetooth incorporato, il Tamagotchi e il drone per farsi i selfie. C’è pure della roba ipertecnologica che davvero non riesco a riconoscere, o aggeggi che rispondono a esigenze che non riesco a decifrare (tipo questo), accanto a un LP degli Offspring e a libri che ti spiegano il potere dei cristalli. Sono davvero confusa, e mi immagino le diciassettenni di oggi bombardate da stimoli così diversi: io ci avrei perso il capo. Per natura ho bisogno di collocazioni temporali precise e nette, sennò faccio confusione, perdo il filo, mi sale l’ansia. Vedendo questa gallery non capisco cosa sta succedendo invece, qual è il mood che va per la maggiore, chi vorrebbero che le bimbette fossero. Sì, sono tutte robe che vedo spopolare nei video delle youtuber/influencer ventenni americane, però vorrei che qualcuno mi aiutasse a capire meglio perché e quanto durerà.

E poi all’improvviso ho capito di provare rabbia. Vedere le diverse cose affiancate prima ti provoca smarrimento, e poi ti rendi conto che non è giusto, e che è tutto svalorizzato: noi non le toccavamo le cose degli altri, noi abbiamo sempre provato rispetto, venerazione nei confronti di quelli più grandi, quasi un senso di colpa per non aver vissuto le loro cose, ma ne stavamo fuori senza fiatare. Se loro volevano condividere qualcosa, grazie, altrimenti stavamo nel nostro. Già non abbiamo una cazzo di identità, non ci resta niente, a noi che abbiamo vissuto la fine del millennio, e oltretutto questi bimbetti ci stanno rubando tutto. Eravamo ossessionati dai gadgets, perché non li potevamo avere: costavano tantissimo, erano sogni irrealizzabili, ogni tanto avevamo qualche briciola, e adesso invece montagne di lama, bradipi, vegetazione tropicale, fotine, lucine, tarocchi, ananas, unicorni (ma nemmeno un fenicottero, è già finito il loro tempo?), insieme alla colonna sonora di Roma e all’autobiografia di Michelle Obama; e insieme ai nostri rollerblade. Ci sono, poi, una varietà infinita di diari motivazionali e manuali divertenti per uscire dall’ansia. Sono tutte cose che avrei voluto moltissimo credo.

Sfogliando la gallery, però, mi rendo conto di aver passato proprio una soglia definitiva tra il prima e il dopo, perché riesco a rimanere abbastanza lucida pensando “eh, questa è proprio una cosa inutile, poi non ho soldi e non ho posto in casa”. Ma che palle. Vi giuro non pensavo che ciò potesse davvero accadere, penso che a stretto giro farò un salto sullo shop on-line di Maison du Mond per provare degli aneliti di consumismo più centrati, ma intanto vi lascio una wish-list immaginaria di cose inutili che fino a poco tempo fa avrei ucciso per avere:

Se poi qualcuno me le regala io non mi offendo e un posto glielo trovo eh!

B.

Bollettino sulle voci inside my head #7

Sono giorni che le voci nella mia testa si credono delle manifestanti in piazza, e ne hanno ben donde: sono pensieri incendiari, sarà che è appena passato l’8 marzo e sento la lotta nell’aria, sarà che nella mia bolla se ne fa un gran parlare in generale, ma insomma nello specifico ho una rabbia difficilmente gestibile nei confronti di quei simpaticoni che “eh, ma non sarai dimagrita un po’ troppo? Ora basta eh!”, sorriso, ammiccamento/sguardo complice/sguardo compassionevole.

Amici (che non siete, grazie a dio). Famose a capì. Se volete inizio ad andare in giro con la bilancia e con gli indici di massa corporea e con il mio allenatore della palestra e la mia psicoterapeuta e vi rassicuro dati e pareri di professionisti alla mano che no, non sono dimagrita troppo. Se non vi basta allora mi spoglierò, mi metterò nuda davanti a voi e vi farò toccare la mia ciccia, magari vi dà soddisfazione; vi darò un metro e vi farò prendere le misure, oppure mi porterò sempre dietro le foto di quando ero 15 kg in più e facevo fatica a muovermi, oppure se volete vi inviterò a prendere un caffè e vi racconterò nel dettaglio di cosa vuol dire ingrassare a causa degli psicofarmaci e di quanto è stato difficile perderli quei kg, magari ci aggiungiamo anche una lunghissima dissertazione sul fatto che peso esattamente come sempre (se volete mi porto dietro anche le statistiche del mio peso degli ultimi 17 anni) ma che sembro più in forma perché ho deciso di investire del tempo nell’attività fisica e delle energie nella preparazione e nel consumo di pasti decenti, e che voi dovreste farvi una grandissima indigestione di cazzi vostri – perché alla fine, poi, non credo che di tutto questo ve ne freghi davvero qualcosa.

Perché non avete idea, non avete assolutamente idea di nulla, di come si costruisce una giornata aspirando alla non-morte, di cosa voglia dire aver imparato a non farsi buttare giù dai giudizi altrui, di essere finalmente in linea con quello che voglio essere, dell’impegno che sto mettendo a prendermi cura di me stessa in maniera sana ed equilibrata. Di come è stato difficile decidere finalmente di mettere al centro tutto ciò senza sentirmi una cretina.

Il fatto è che io non mi permetto. Non mi permetterei mai di dire a qualcuno con cui non ho un rapporto di amicizia di livello advanced qualcosa di negativo che riguarda il suo aspetto fisico, la sua persona, il suo modo di vestirsi, di apparire. E sono stanca, stanchissima di dover essere sempre pronta a difendere i cazzi miei con chi non mi conosce. Parliamo del tempo. Impariamo dagli inglesi e facciamo voli pindarici sulle condizioni meteo di ieri oggi e domani. Non aggreditemi fingendo di preoccuparvi per me. Solo perché sono stata sovrappeso non vuol dire che io non possa essere in forma. E figa. Figa secondo i miei cazzo di standard. Ho una conoscenza abbastanza approfondita di me stessa e giustificarmi perché sto facendo un percorso volto al benessere mi sembra inaccettabile. Eppure mi succede di continuo, ed è un ostacolo alla sanità mentale che sto faticosamente perseguendo. Scriverne mi aiuta a metabolizzare e stemperare la rabbia, visto che, tra le altre cose, ieri ho festeggiato 50 giorni senza sigarette. Quindi siete pure fortunati che non vi ho lanciato cose addosso, perché oltre a rompermi abbondantemente i coglioni state pure attentando alla pace interiore necessaria a non desiderare la mia adorata nicotina, per cui ne potrei essere benissimo capace.

Peace and love.

B.