Di quando alla Grande Invasione c’era Alessandro Leogrande

In questi giorni a Ivrea c’è La grande invasione. Io ci sono stata nel 2016 con The Buzzing Page, facevo BlogNotes – ideato da Laura del Té Tostato, insieme a un sacco di gente carina (tra cui Francesca di Nuvole D’Inchiostro, Diana di Non riesco a saziarmi di libri, Andrea di Un antidoto contro la solitudine). Ma erano giorni strani, insomma facevo troppe cose, non ci stavo dietro. Non ci sono le cronache sul blog (su The Buzzing Page non facevo cronachine ma reportage lunghissimi – oh my), erano stati giorni pienissimi, avevo avuto tanto mal di testa, aveva piovuto in abbondanza. E non averli raccontati, così come non avevo raccontato il SalTo16, o il Festival di Gavoi, mi aveva generato un’ansia estrema. Perché contemporaneamente ne facevo altre mille. Mi riferisco a questo quando scrivo che le cose che faccio mi devono stare dietro, e non davanti. Che devo fare le cosine con calma. Mi riferisco a quell’anno, quando dopo i mesi di depressione avevo una voglia di vivere che spostatevi, non riuscivo a gestirla, la ingurgitavo bulimica, senza però fermarmi a elaborare quello che mi succedeva, a far sedimentare le cose, a godermi un giorno di vuoto, a prendermi cura delle mie emozioni. Facevo cose bellissime, ma senza rendermene conto davvero.

Comunque erano stati tanto belli, quei giorni di Ivrea, avevo partecipato a un sacco di incontri e conosciuto persone che, nonostante tutto, sono rimaste. Stavo imparando a fare quello che sto cercando di riprendere adesso, ovvero lavorare coi social. Mi piaceva tanto, mi piace ancora, voglio continuare a farlo. Avevo conosciuto le ragazze che curavano le pagine ufficiali del Festival, mi ero divertita tantissimo con loro. C’erano state cene con le genti dell’editoria, tante birre, tanti colori, tantissime idee. La grande invasione è un festival unico, si respira un’atmosfera incredibile e c’è una cura inimmaginabile nell’organizzazione. Cammini per le strade adorabili di questo posto in culo ai lupi in Piemonte e ti senti felice senza motivo, ci sono libri ovunque, balconi fioriti, piazzette luminose. C’è pace, c’è il chiostro di Santa Marta, ci sono luoghi che si aprono per l’occasione, ci sono colazioni letterarie, pranzi con l’autore, dopo cena ridanciani.

Quello che volevo dire però è un’altra cosa, ovvero che durante quei giorni del ’16 ho partecipato a un panel (allora forse non si chiamavano nemmeno così) in cui c’erano Goffredo Fofi, Paolo Cognetti, Alessio Torino e Alessandro Leogrande. Chi seguiva The Buzzing Page sa che Goffredo Fofi è il mio spirito guida, e trovarlo a ragionare con un gruppo di giovani scrittori meravigliosi fu uno dei momenti più ispiranti di sempre. Da qualche parte ce li ho gli appunti, ne sono certa.

leogrande

Ero rimasta talmente rapita che mi sono comprata subito La frontiera, e andai a farmi autografare il libro, timida. E poi l’ho letto. E lo so che nella Bolla lo sanno tutti ma ecco, vorrei dire che per capire il presente leggere Alessandro Leogrande è una cosa indispensabile che non bisogna smettere di fare. Perché dopo poco più di un anno da quel giorno lui non ci sarebbe stato più, e l’impatto della sua perdita è stato fortissimo, ma la cosa bella, invece, è che se ne continua a parlare, incessantemente (il 4 giugno ad esempio, a Cosenza, ci sarà il conferimento del Premio Sila’49 proprio in sua memoria: “La frontiera e l’umanità per Alessandro Leogrande”).

E visti i tempi, penso proprio che non debba passare manco un giorno senza che qualcuno ne parli. Quindi niente #scusatemavelovolevodire, visto che sono i giorni in cui l’avevo conosciuto. Andate alla Grande invasione, leggete Alessandro Leogrande. Io poi rimetto a posto le foto.

B.

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